La vedova di Vittorio Materazzo dopo l'arresto di Luca: «Il mio incubo non è ancora finito»

La vedova di Vittorio Materazzo dopo l'arresto di Luca: «Il mio incubo non è ancora finito»
di Maria Chiara Aulisio
Giovedì 4 Gennaio 2018, 09:15 - Ultimo agg. 15:57
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Elena Grande, la moglie di Vittorio Materazzo, è a Roccaraso con i suoi due bambini quando viene informata dell'arresto di Luca preso a Siviglia mentre serviva ai tavolini di un bar del centro, dove aveva trovato lavoro come cameriere. Stenta a crederci, non se l'aspettava, quasi aveva perso le speranze; e le prime parole che pronuncia sono di ringraziamento nei confronti degli investigatori, che «in questi lunghi mesi hanno svolto le indagini con tenacia e dedizione», fino alla cattura di colui che viene accusato di averle ucciso il marito a colpi di coltello. Era appena tornata a casa, la signora Materazzo (42 anni), nel suo appartamento al civico 3 di viale Maria Cristina di Savoia, quando aveva sentito delle urla e una gran confusione provenire dall'androne del palazzo. Si era precipitata al piano terra e lì aveva trovato il marito senza vita, disteso in un lago di sangue.

La svolta di ieri è la fine di incubo.
«Purtroppo no. Anzi, forse adesso comincia il periodo peggiore, quello più duro sotto tutti i punti di vista».

Luca però è stato arrestato.
«Certo, per fortuna, ma lo stesso non mi sento serena. Sono molto preoccupata, il mio stato d'animo è uguale a quello vissuto in questi ultimi mesi, quando Luca era in fuga. Adesso, peraltro, dovrò dirlo ai miei figli».

Ancora non lo ha fatto?
«No, i bambini non lo sanno, stanno sciando. Aspetto che finisca la giornata, glielo dirò stasera a casa con calma. Il mio obiettivo, sin dall'inizio, è sempre stato quello di proteggerli».

Che cosa la preoccupa?
«Dobbiamo affrontare un processo. Chi avrebbe mai pensato di ritrovarsi in una situazione del genere, è un mondo che non mi appartiene, non è questo il nostro modo di vivere».

Però adesso almeno c'è un punto dal quale partire per arrivare alla fine di questa brutta storia.
«Sì, si è conclusa questa lunga fase di stallo, che ha tenuto tutti con il fiato sospeso; e Luca ora dovrà dimostrare se non è stato lui. In ogni caso, la fine della sua latitanza non allevia in alcun modo il dolore mio e quello dei miei due figli, che non hanno più un padre».

 

Lo hanno trovato a Siviglia, faceva il cameriere in un bar.
«Non è stato facile rintracciarlo, lo so molto bene. E per questo voglio ringraziare pubblicamente il procuratore Nunzio Fragliasso e la dottoressa Francesca De Renzis, come anche la Questura di Napoli che ha messo in campo ogni mezzo possibile».
Grande impegno da parte di tutti.
«Un lavoro enorme, che gli inquirenti hanno sempre svolto con tenacia e dedizione. E non solo».
C'è dell'altro?
«Sì, voglio anche ringraziarli per il supporto personale che in questi lunghi mesi mi hanno offerto, a prescindere dal lavoro investigativo che svolgevano. Ciascuno, nei rispettivi ruoli, mi ha dato conforto e sicurezza, aiutandomi a superare preoccupazioni e incertezze».
Che cosa farà adesso?
«Tutto quello che si renderà necessario, con la consapevolezza che almeno la giustizia potrà fare il suo corso regolarmente».
Finalmente la famiglia Materazzo potrà sapere la verità. È quello che sperava?
«È quello in cui speriamo tutti. Crediamo nella giustizia. Anzi: quello che intendo sottolineare con forza è che non siamo animati da sentimenti e desiderio di vendetta, ma solo e esclusivamente dalla ricerca della verità».
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