Caravaggio, «La presa di Cristo» a Napoli: in mostra a Palazzo Ricca

Napoli si conferma sempre più la capitale della Caravaggiomania

È Napoli la capitale della Caravaggiomania
È Napoli la capitale della Caravaggiomania
Maria Pirrodi Maria Pirro
Martedì 20 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 1 Marzo, 21:45
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Uno è il «capolavoro sconosciuto», l'altro il «Merisi giramondo». Curiosa coincidenza: i due dipinti vengono esposti nello stesso periodo, a Napoli, ma in mostre e musei diversi, completando un tour eccezionale, a più tappe ravvicinate, sulle tracce del maestro, tra i vicoli.

Così la città si conferma sempre più la capitale della Caravaggiomania. Ai tesori che restano al loro posto (le «Sette Opere di Misericordia» e il «Martirio di sant'Orsola») si aggiunge quella che torna da Parigi e, trovando la sua casa, il museo di Capodimonte nel bel mezzo di lavori di ristrutturazione, trova ospitalità nel centro storico, più alla portata della folla di turisti poco propensa alla trasferta in collina, soprattutto oggi che molte sale sono chiuse e in rifacimento. Ma, ad aggiungere lustro al lustro, ad arricchire ed allungare l'itinerario, c'è l'annuncio dell'arrivo di «La presa di Cristo» a Palazzo Ricca, nella sede della Fondazione Banco di Napoli. L'anteprima è programmata venerdì 1 marzo, il giorno seguente l'apertura al pubblico. Un'occasione da non perdere: quella scena, tratta dal racconto della Passione, è considerata tra le più intense realizzate dall'artista, tanto da finire al centro di numerose copie. L'altra versione autografa, di proprietà dei gesuiti, è in un deposito della National Gallery a Dublino. Quella attesa a Napoli è invece ricomparsa da un deposito, ma giudiziario: «Dopo un sequestro e il dissequestro» dice don Gianni Citro, con Francesco Petrucci curatore della mostra partenopea, chiarendone l'importanza: «La prima esposizione, a lungo rimasta l'ultima, nel 1951, fu organizzata nel Palazzo Reale di Milano da Roberto Longhi, critico d'arte che aveva scovato l'opera nella collezione Ruffo di Calabria ma definendola la più bella riproduzione. Solo nel 2003, subito dopo la vendita a un mercante romano, è stata attribuita a Michelangelo Merisi, quindi contesa in una rocambolesca battaglia legale portata avanti per un ventennio: nei tribunali e in Cassazione, dando ragione all'acquirente». Il «capolavoro sconosciuto», dopo 70 anni assai tormentati, segnato da sporco e ritocchi rimossi in un recente restauro, è finalmente riapparso sotto gli occhi entusiasti di 25.000 persone accorse a Palazzo Chigi ad Ariccia, in un particolare allestimento rimasto accessibile per tre mesi: la ricostruzione dell'atelier del pittore, presentato assieme ad altre raffigurazioni dello stesso motivo, tra cui quella del Cavalier d'Arpino, la «Baruffa di Bruttobuono» di Francesco Villamena, una tela rinascimentale ritenuta di Giorgione.

Alla preview partenopea parteciperanno il presidente della Fondazione Banco di Napoli, Orazio Abbamonte, e il presidente del museo dell'archivio ilCantastorie, Marcello D'Aponte, pronti a illustrare quattro documenti collegati, di cui uno che attesta il pagamento, di 200 ducati, per un altro Caravaggio, commissionato da Nicolò Radolovich nel 1606, eppure mai individuato: un giallo da poco riportato pure sulle colonne di «Neue Zürcher Zeitung». 

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Curiosa coincidenza, appena 48 ore prima, il 28 febbraio, dal Louvre torna in città «la Flagellazione di Cristo». Il dipinto è stato prestato al museo diocesano con l'assenso del direttore del museo di Capodimonte, Eike Schmidt, che dichiara: «L'esposizione non offre solo la possibilità a tutti i napoletani di rivedere il capolavoro dopo le lunghe assenze dalla città, ma consente un approfondimento teologico-pastorale e storico-artistico del quadro, e consolida i rapporti forti e reciproci tra le tre istituzioni coinvolte». Mostra e catalogo sono a cura di Pierluigi Leone de Castris (Suor Orsola Benincasa), con la collaborazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che prenderà parte all'inaugurazione.

Con un solo biglietto si potrà accedere anche al Pio Monte della Misericordia per vedere le «Sette Opere», a pochi metri dal museo guidato da Elio de Rosa. Non bastasse, alle Gallerie d'Italia, splende sempre il «Martirio di sant'Orsola». 

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