Nanni Moretti al teatro Mercadante di Napoli: ecco il vocabolario dei sentimenti

«Diari d'amore», la prima regia teatrale del regista militante

Nanni Moretti
Nanni Moretti
di Luciano Giannini
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 07:31
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Sobrio, essenziale, riservato, carismatico, e distante come gli piace essere. O, almeno mostrarsi. Al Mercadante, affollato per l'evento, lo accoglie un applauso caloroso sì, ma in qualche modo condizionato dall'artista cui rendere omaggio; dal prestigio, dalla caratura preziosa e arcigna. Lui? È Nanni Moretti: l'autarchico, il goloso (di Sachertorte), il narcisista, l'autoironico per narcisismo, l'intellettuale, il cinefilo, il «di' qualcosa di sinistra», l'analista spietato della buia Italia, il non credente, il militante, il Michele Apicella e, ieri sera, il Moretti lettore.

Stasera, sul palcoscenico principale del Teatro di Napoli - Teatro nazionale, il regista di Brunico porterà la sua prima regia teatrale, «Diari d'amore», che accoglie due atti unici di Natalia Ginzburg, con Valerio Binasco; ma ieri ha voluto esporsi in prima persona con un reading: sei brevi racconti tratti dai «Sillabari» di Goffredo Parise, un vocabolario dei sentimenti esemplificati in brevi storie-scrigno di piccole vite che la sua prosa poetica rendono grandi.

Per la lettura napoletana, Moretti ha scelto: «Amicizia», «Cinema», «Donna», «Gioventù», «Italia» e «Libertà». 

Appena in scena, bastano due parole per introdurli: «Parise li scrisse negli anni 70, sul Corriere della sera. Poi, li raccolse in volume». E arricchisce appena la presentazione citando l'amata Ginzburg, le parole con cui spiegò il motivo per cui quei «Sillabari» la scossero tanto. Non una parola di più, non una di meno. Quanto basta. Ma certo! Sono parole d'anima. E anche quando il microfono fa le bizze e un fonico si materializza accanto a lui, Nanni lo osserva - direbbe Woody Allen - come se avesse visto un alce con le ghette che canta «Embraceable you». Poi riprende a leggere. Ed è la sua voce di sempre, che scandisce lento perché le parole non sono vento.

È singolare che un regista militante scelga quei «Sillabari» con cui Parise, nel decennio del risentimento (gli anni 70) si rifugiò, invece, nello spazio atemporale dei sentimenti. Questa lettura, però, potrebbe non essere casuale. Organizzarla a 24 ore da «Diari d'amore» serve anche a introdurre l'ascoltatore-spettatore nel mondo dei due atti unici. Perché una sottile corrente unisce il Parise dei «Sillabari» con le sue drammaturgie. La spiega bene Valerio Binasco nell'intervista concessa al «Mattino»: «La Ginzburg sembra scriva cosette da nulla, ma lo fa con musicalità e delicatezza dei sentimenti, fondendo ironia, malinconia, umorismo. Il suo è un affresco di vite ordinarie che a me evoca il mondo struggente e meraviglioso di Cechov». Moretti dimostra di essere un intellettuale attento. 

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Forse la frase che lo rappresenta di più si trova in «Caro diario»: «Anche in una società più decente di questa mi troverò in una minoranza di persone». Eppure, nonostante tutto, di lui abbiamo bisogno, perché sono in pochi oggi a dirci che stiamo sbagliando rotta. 

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