Aldò Giuffrè, 100 anni dalla nascita dell'attore napoletano dal rigore lombardo

La Rai lo ricorda con un documentario e un ciclo di commedie

Aldo Giuffrè in Il buono, il brutto e il cattivo
Aldo Giuffrè in Il buono, il brutto e il cattivo
di Luciano Giannini
Martedì 9 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 10 Aprile, 07:36
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Ci sono creature che possiedono un dono: il pudore della vita. Come scrive Kavafis, delicato poeta neo-ellenico, non la sciupano «nel vano commercio con la gente, con troppe parole in un via vai frenetico... portandola in giro in balia del quotidiano». Aldo Giuffré era una di esse. Diceva: «Per quanto si riesca in questo mio mondo, il teatrante è una persona pura, che rifiuta, con forza, di frequentare i salotti buoni del falso intellettualismo». Lo ricordiamo oggi, alla vigilia del 10 aprile, centenario della nascita, in una casa di via del Sole, nel cuore del centro storico di Napoli. Era il 1924. 

Il ricordo 

Lo ricorda la Rai: con un documentario di Francesco D’Arma, della serie «In scena», regia di Monica Onore, in programma domani alle 21.15 su Rai 5; e con quattro spettacoli di prosa, ogni sabato, alle 16 circa, sulla stessa rete. Alla «Sera del sabato», di Guglielmo Giannini (già andato in onda), seguiranno «L’incoronata» (‘65), di Alfonso Sastre; «La potenza delle tenebre» (‘65), di Tolstoj; e l’esilarante «Francesca da Rimini - Tragedia a vapore» (‘80), dove dissacrava Silvio Pellico, nel segno di Antonio Petito, in coppia col fratello Carlo.

E lo ricorda la sua Napoli: lunedì 29 aprile alle 16, nella Biblioteca nazionale, sarà inaugurata una mostra di copioni, foto, manoscritti, programmi di sala e recensioni, che la famiglia ha donato alla sezione Lucchesi Palli. In quella occasione Elena, la seconda moglie (sposata dopo la morte della prima in un incidente d’auto) consegnerà anche una preziosa maschera di cuoio: «È quella di Pulcinella», spiega, «appartenuta a Petito. Gliela donò il suo pronipote, con eloquenti parole: La meriterebbero anche altri attori, più anziani, ma io voglio che sia sua». Di sera, poi, alle 20, il Mercadante ospiterà una serata-omaggio, condotta da Massimiliano Gallo, nel solco di quella organizzata quattro anni dopo la sua morte, nel 2014 al Diana, che tante volte lo ospitò e lo produsse col fratello Carlo.

La commemorazione avrà anche un risvolto toponomastico: martedì 30 ad Aldo sarà intitolata la scalinata vomerese che congiunge via Donizetti, a pochi passi dal liceo Sannazaro, con via Luigia Sanfelice, all’altezza di «Qui rido io», la villa di Eduardo Scarpetta. Elena: «Là c’è l’ultima sua casa napoletana».

Le voci

Nel documentario di Rai 5 colpisce il giudizio di Fioretta Mari: «Forse, è stato tra i più grandi, ma non ha avuto il riconoscimento che avrebbe meritato». E la ragione si annida proprio nella visione di vita che Aldo incarnò: «Io non ho mai frequentato salotti, sono un uomo libero. Mai stato stuoino di qualcuno. Mai caduto nelle umane miserie». Poi: «Sono napoletano per scelta e per cultura; con tutti i pregi e i difetti dei napoletani... però con un rigore lombardo». E Massimiliano Gallo: «Portava Napoli dentro di sé. Puoi scegliere di essere napoletano, ma devi anche meritarlo». Elena: «È stata la mia ragione di vita, nonostante i 28 anni di distanza tra noi. Era uno scugnizzo col dono della leggerezza; semplice, non superficiale. Al suo fianco non mi sono mai sentita sola. Intelligente, profondo, elegante, detestava inciucio e banalità. Smetteva di recitare e abbracciava la vita. Non frequentava il proprio ambiente. Al ristorante, una sera, Baudo, Sabani, Morandi scattarono in piedi per abbracciarlo: Gli dissi: “Ti vogliono bene, ma tu sei discreto”. E lui: “Non do fastidio, non mi vedono”». 

 

Il ritratto 

Attore, regista, doppiatore, autore di quattro romanzi, Aldo dedicò all’arte 60 anni di carriera, tra tv, radio, cinema, doppiaggio e tanto teatro. Elena: «Con Eduardo recitò in nove commedie. E Eduardo su di lui modellò il personaggio di Carlo Saporito per “Le voci di dentro”». Quindi, Peppino De Filippo. E Visconti: «Nella sua compagnia non fu a proprio agio, troppo snob»; e Strehler, Renzo Ricci, la Pagnani, Baseggio, Orazio Costa, Vittorio Viviani, Enriquez. Girò 156 film, diretto da De Sica («Ieri, oggi e domani»), Loy («Le quattro giornate di Napoli»), Comencini, Rossellini, Lizzani, Sergio Leone («Il buono, il brutto, il cattivo»)... In 11 pellicole fu al fianco di Totò. Ripeteva: «A Eduardo ho rubato il mestiere, Strehler mi ha insegnato il rigore, Baseggio la semplicità con cui usare la voce. Ma il gigante è soltanto uno: il Principe». Il sodalizio con il fratello Carlo durò una decina d’anni, di successi e platee festanti. Poi fu separazione. Un velo copre le vere ragioni. Motivo ufficiale: disaccordo sui titoli da rappresentare. 

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Aldo era credibile nel registro drammatico e in quello comico: «La comicità è una cosa seria. Comici si nasce. E ne nascono pochi». Ebbe la fortuna di entrare alla Eiar come speaker radiofonico. Fu lui ad annunciare dai microfoni di via Asiago la fine della guerra, nel ‘45. Un giornalista, poi, lo presentò a Eduardo e dal maestro - rispettato ma non mitizzato - prese il volo nei cieli del proprio destino; di glorie, ma anche di lutti e malattia: la voce. Una voce magnifica, lesa da un carcinoma nel ‘79. Elena: «Lo salvò un luminare, il professor Fregni. Lo operò e gli consigliò riposo. Ma lui affrettò i tempi, per amore del teatro; e per non lasciare senza lavoro i suoi attori». Fatica e dolore impegnò per entrare nella nuova voce. «E mai si lamentò del male. Una sola volta si lasciò sfuggire: “Sono come un pianoforte senza più i tasti neri”». 

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