Vassallo, le confessioni del «brasiliano»:
«Indagato per 12 anni, ma non ero io»

Vassallo, le confessioni del «brasiliano»: «Indagato per 12 anni, ma non ero io»
di Petronilla Carillo
Martedì 1 Novembre 2022, 23:56 - Ultimo agg. 2 Novembre, 18:03
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«Hanno costruito un personaggio che non esiste. Ed io ancora ne pago le spese. Ho avuto un danno terribile. Dopo dodici anni e due archiviazioni a mio favore, ancora sono indicato dalle persone come il presunto assassino del sindaco Angelo Vassallo». Bruno Humberto Damiani non porta rancore verso nessuno, sa di aver vissuto un’esperienza surreale ma ha deciso di buttarsi tutto alle spalle, di guardare avanti e pensare al suo futuro, in grande.

Come sono stati questi anni? Ha avuto paura?
«Sono stati terribili e sono stato malissimo. Io sapevo di non essere colpevole ma si erano tutti accaniti su di me. Da questa storia ho avuto un danno enorme ma ora, finalmente, ne sono uscito fuori. Certo, non sono ancora stato riabilitato in tutto e per tutto. Per molte persone sono ancora quello accusato dell’omicidio Vassallo: ho avuto una notorietà che non volevo con tutte le conseguenze che ne sono derivate».

 

A quali conseguenze, esattamente, fa riferimento?
«Alla mia vita. Sono finito nell’occhio del ciclone e tante pessime esperienze me le sarei risparmiate se non fossi stato accusato dell’omicidio del sindaco di Pollica. C’è stato un momento in cui pensavo che anche se avessi messo l’auto in seconda fila per pochi minuti avrei avuto conseguenze diverse rispetto a chiunque altro. Sono stato accusato di reati che non ho mai commesso. Mi hanno additato come spacciatore ed assassino, come una persona che gestiva un giro di affari di droga quando poi, e i fatti parlano, non è così. Sono stato condannato perché accusato di aver presumibilmente ceduto una dose di droga, di molto meno di un grammo, ad un amico. Una persona molto conosciuta ad Acciaroli ed invece gli avevo solo fatto un favore, procurandogli della roba perché voleva festeggiare così il suo compleanno. Alla fine io ho pagato con la giustizia e lui ne è uscito pulito». 

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Ha avuto paura quando è finito sotto indagine per l’omicidio Vassallo?
«Beh, sì. Temevo che la verità non venisse mai fuori perché io ero l’elemento debole rispetto ai poteri forti. Oggi che piano piano si sta ricostruendo il quadro degli eventi si può comprendere come io, un ragazzo di periferia, non potevo mai competere con lo Stato e con i carabinieri, quelli che ora sono indagati e che mi hanno indicato quale autore dell’omicidio».

 

Si è mai chiesto perché è capitato proprio a lei?
«Certo. Perché io sono una persona che non si fa mai passare una mosca sotto al naso. Sono cresciuto in un quartiere della periferia di Salerno, a Santa Margherita, e sono abituato ad avere a che fare con il professionista e con il piccolo delinquente ma non sono un criminale».

 

Ora lei quanti anni ha?
«Trentanove»

 

E cosa pensa di fare della sua vita?
«Di mettere tutte le cose a posto e di fare impresa. Devo lavorare e crearmi una posizione perché devo pagare ancora i conti legati alle mie vicissitudini giudiziarie».

 

Cosa l’ha aiutata in questi anni?
«La famiglia e gli amici, quelli veri. Ma soprattutto il mio grande avvocato Michele Sarno che si è sempre battuto per la mia dignità»

 

Dove si vede? In Italia o in Brasile?
«Io sono italiano»

 

Ma lei, alla fine, con i Vassallo... In che rapporti era?
«Conoscevo Angelo Vassallo solo di vista, con i figli invece mi scambiavo il saluto. Con Antonio ho giocato qualche partita a calcetto ma mai, e poi mai, ho avuto una relazione con la figlia Giuseppina anche perché ero amico del suo ex fidanzato. Si è detto anche questo di me»

 

Ultima domanda. Quanta droga circola ad Acciaroli?
«Ehhh... In estate si sente la puzza ovunque, c’è tanta gente. È vero che il sindaco litigò con una persona... La prese a calci nel sedere ma quella persona non ero io». 

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