Fonderie a Buccino, il pittore Fernando Mangone: «L’arte è rispetto sacrale per la natura. Non si può deturpare un’area a vocazione naturalistica»

L’artista, dopo aver viaggiato e vissuto in tutto il mondo, ha deciso di ritornare alle radici

Il pittore Fernando Mangone all'interno del Museo MAM
Il pittore Fernando Mangone all'interno del Museo MAM
di Barbara Landi
Giovedì 10 Agosto 2023, 21:08 - Ultimo agg. 21:28
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«L’ambiente è la salvezza dell’umanità. Possiamo salvarci solo difendendo ciò che ci circonda». Arte contro il degrado culturale e contro ogni forma di deturpazione del paesaggio. La pittura diventa impegno civile a tutela di un territorio da proteggere e difendere per il pittore Fernando Mangone, che interviene e prende posizione nel dibattito sulla delocalizzazione delle Fonderie Pisano a Buccino, dopo l’autorizzazione regionale di valutazione di impatto ambientale.

«Non si può deturpare un’area a vocazione naturalistica. Tutto il mondo deve capire che bisogna salvaguardare il pianeta. L’arte è rispetto quasi sacrale per la natura. Dobbiamo salvaguardarla, non deturparla», afferma l’artista divenuto simbolo delle aree interne, dopo aver viaggiato in tutto il mondo e dopo anni trascorsi nelle grandi metropoli internazionali, ha deciso negli ultimi anni di rientrare nella sua terra d’origine, Altavilla Silentina. È qui, immerso nella natura incontaminata di Buccino, che ha realizzato il suo Museo personale, il MAM. È proprio al suggestivo centro storico di Buccino inaugurerà venerdì 11 agosto alle ore 18 la mostra dal titolo "Attraversocittà Volcei e altre Meraviglie" presso l'Auditorium "Cinema Italia", per poi dedicarsi alle imminenti esposizioni personali internazionali di Stoccarda e Düsseldorf, “occasione straordinaria per connettermi con appassionati d’arte provenienti da tutto il mondo”, insiste.

 

Un genio ribelle e anticonformista, che ha fatto del MAM la sublimazione visiva della suo spirito creativo. Uno spazio in cui l’arte è tout court.

Pareti, pavimenti, soffitti, esterni sono dipinti, a costituire un unicum perennemente in fieri, in cui contemporaneità e archetipi del mito convivono e dominano lo sguardo di chi osserva, inserito quasi in una dimensione tridimensionale, catturato dai colori audaci e brillanti, psichedelici e fluorescenti, da cui traspare un’energia vibrante. Un dialogo visivo con lo spettatore, senza intermediazioni, ma anche una provocazione che intende sfatare le barriere dell’arte e i luoghi canonici.

Maestro Mangone, lei definisce la sua pittura una “missione per l’umanità”. In quest’ottica si inserisce anche la sua posizione a tutela dell’ambiente, contro la delocalizzazione dell’industria pesante in un’area a vocazione naturalistica?

«Sarà una battaglia condotta attraverso la mia arte, per far conoscere le meraviglie e mettere in risalto la bellezza di questo territorio, per far capire perché una fonderia non deve essere impiantata qui, in un’area in cui insiste un’oasi naturale. C’è storia, c’è mitologia, c’è tutto. I monti Alburni di fronte, i fiumi Tanagro e Sele. C’è Buccino, ma ci sono anche le acque termali di Contursi e Palomonte. Perché è stato scelto questo posto? Perché offendere un luogo sacro, benedetto da Dio? La natura si esprime nella sua massima potenzialità in questi territori. Io voglio creare un museo che racconti la meraviglia, qui, nella mia terra d’origine. L’uomo è alla ricerca di risposte, di benessere, gioia, felicità, energia, perché la vita è un dono importante e bisogna preservarla. Dobbiamo viverla intensamente e al massimo, creando bellezza, coerenti con i principi della natura e raccontando le cose che i nostri antenati ci hanno lasciato: una storia antica visibile in tutte le sue stratificazioni».

La sua è un’esplorazione profonda e continua che cattura le sensazioni attraverso il gesto istintivo. È convinto però che l’arte non vada spiegata. Perché?

«La mia pittura è in grado di trasportare lo spettatore in mondi alternativi e dimensioni emozionali, creando esperienze visive coinvolgenti e avvolgenti. Cattura l’intensità. Vivere di arte è una sfida affascinante e gratificante, ma richiede dedizione, passione e impegno costante, trovando il proprio stile distintivo. Voglio portare l’arte in luoghi considerati meno accessibili, ma ricchi di storia e di autenticità. Non solo mostre site specific dedicate alla Valle del Sele. Creare musei itineranti mi permette di avvicinare l’arte alle persone in modi nuovi e coinvolgenti, andando oltre i confini convenzionali dei musei tradizionali. Questi progetti rappresentano per me una continua evoluzione nella mia carriera artistica, un dialogo incessante con gli altri».

Attraverso la sua pittura lancia un messaggio di pace e rispetto della natura.

«Credo in un ambiente sano e voglio difenderlo fino in fondo con la mia arte. La mia una reinterpretazione del passato in chiave contemporanea per far capire che esiste una storia di estremo valore alle nostre spalle. Per me l’arte è una ricerca continua, una sperimentazione di forme e di nuovi segni. Sono libero. Uso tutti i materiali e le tecniche. Passato e archeologia che diventano segni, tracce, come l'iconico gallo di Buccino e il gallo lucano di Paestum. Questi simboli locali diventano rappresentazioni visive dell'identità della nostra terra. O ancora le chiavi omaggio a Giano Bifronte, lo struzzo, i miei autoritratti perchè mi piace esplorare la fase dell’invecchiamento, l’omaggio agli archetipi di Paestum, le città che raccontano la nostra storia. Tutto è rock».

Tutto diventa arte, quindi?

«La pittura non si può spiegare, è una fatto emozionale. È mistica, misteriosa, concettuale. Come si può spiegare la musica dei Rolling Stones? È istinto. Esce fuori la parte selvaggia, il rock’n’roll. Lo spettatore deve lasciarsi invadere dall’arte».  

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