Natale all'Auditorium di Scampia:
«Noi rom ancora abbandonati»

Natale all'Auditorium di Scampia: «Noi rom ancora abbandonati»
di Rossella Grasso
Sabato 23 Dicembre 2017, 18:45 - Ultimo agg. 24 Dicembre, 10:59
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A quattro mesi di distanza dall'incendio che devastò parte del campo rom di via Cupa Perillo a Scampia, 47 persone tra cui una ventina di bambini sono ancora nell'Auditorium di viale della Resistenza. Doveva essere una soluzione «provvisoria», come recita il cartello all'ingresso dell'Auditorium, invece da quel 27 agosto nulla è cambiato. Il Natale si festeggia anche qui, dove si sono radunate le famiglie rom e gli abitanti di Scampia in una lunga tavolata per condividere la gioia delle feste. Ognuno ha portato qualcosa: chi un casatiello, chi un pane tipico slavo, chi accende la carbonella per fare una bella braciata. È il Natale antirazzista organizzato dalle associazioni di Scampia, dal comitato Abitare Cupa Perillo e da tutti quelli che hanno voluto festeggiare così il Natale.

«Dopo quattro mesi siamo ancora qui - ha detto Barbara Pierro, dell'associazione Chi rom e...chi no - Le famiglie, con la promessa di starci solo due settimane sono ancora qui, in uno spazio poco congeniale alla vita di tutti i giorni». Le nove famiglie infatti sono alloggiate lì su letti di fortuna, con le «stanze» separate solo da grandi teli, non hanno docce e non possono cucinare. «Il Comune di Napoli li ha presi in carico fino a metà ottobre - spiega Laura Bismuto, consigliere comunale - con due affidamenti diretti a delle cooperative che si sono occupate della gestione degli spazi e dei pasti. Dal mese di ottobre sono completamente abbandonati a loro stessi, non ci sono nemmeno più quelli della Napoli Servizi che venivano a pulire. Sono tutti affidati al volontariato di Scampia. Ho visto bambini in condizioni veramente allucinanti. Vorrei che l'assessore Gaeta venisse qui a dare un'occhiata, per capire, ma ormai ha gettato la spugna». Tavoli interassessoriali si sono succeduti ma senza portare a una soluzione concreta e nemmeno a un cronoprogramma.

Si è a lungo parlato della possibilità di allocare i rom del campo di Cupa Perillo presso la Caserma Boscariello a Miano. Ci furono barricate e proteste dagli abitanti ma il vero nodo da sciogliere era l'autorizzazione da parte del Ministero che tardava ad arrivare. «Il via libera definitivo è arrivato solo poche settimane fa - spiega Bismuto - Fatto è che adesso le famiglie si rifiutano di andare alla Boscariello perchè lì dovrebbero vivere nelle tende in uno spazio esterno della caserma. Una cosa è farlo da settembre a dicembre, una cosa è farlo da dicembre a marzo, i mesi più freddi dell'anno con una marea di bambini a seguito. Una soluzione abbastanza improponibile che tuttavia è stata riproposta all'ultimo tavolo interassessoriale». La consigliera comunale spiega che la comunità di via Cupa Perillo ha bocciato solo nell'ultimo mese la possibilità dell'alloggio momentaneo alla Boscariello puntando a un sussidio all'affitto o magari individuando una struttura anche da valorizzare in completa autonomia.

Ad appoggiare questo tipo di soluzione è anche padre Domenico Pizzuti, gesuita e sociologo, che ha partecipato al pranzo di Natale all'Auditorium. «Queste famiglie sono completamente abbandonate a loro stesse - ha detto - Anche il più piccolo comune in un'ora di tempo è capace di provvedere alla sistemazione degli sfollati. Mi stupisce come a Napoli non ci sia questa capacità di provvedere. Possibile che l'unica soluzione sarebbe quella di andare ad occupare un posto?». Il gesuita nutre seri dubbi non tanto sulla volontà del Comune di risolvere il problema, quanto sulla capacità di progettazione secondo le linee guida nazionali rispetto ai rom, sinti e caminanti. «È passato troppo tempo - dice - la soluzione non può essere esclusivamente in mano al volontariato. Io sono molto deluso. Poi questa è una struttura provvisoria di accoglienza, possibile che non è stato mai nominato un responsabile e le famiglie sono state lasciate all'autogestione?». Per il gesuita questa storia ha comunque insegnato qualcosa al quartiere e a tutta la città: «Qui si è creata una vera e propria comunità - spiega - Non è una cosa scontata. Tutti hanno contribuito a mantenere la situazione pulita e civile e nel quartiere è partita una vera e propia gara di solidarietà per aiutare le famiglie rom in assenza del Comune. Qui c'è un'umanità viva, a dispetto di tutti quelli che pensano che i rom siano solo brutti, sporchi e cattivi». 

Il pranzo di Natale è stato anche l'occasione per piantare un albero proprio fuori l'Auditorium.

Si tratta di un leccio, meglio conosciuto come quercia mediterranea, albero sacro per gli slavi ma che si è ben integrato alle latitudini nostrane. Un simbolo forte, quello della speranza e dell'integrazione che possa essere da buon auspicio per tutti gli abitanti di Scampia. «La quercia non ha nessun primato - ha detto Aldo Bifulco, uno degli animatori della rete che popola il quartiere di aiuole e giardini - Non è l'albero più grande, non il più ampio, non il più bello, ma non perde mai le foglie, non perde la speranza, ed è per questo che è presente in tutte le civiltà». Da oggi anche Scampia ha la sua quercia che hanno piantato insieme rom e napoletani, con la stessa fatica e la stessa passione. 

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