Un nuovo tassello, il decimo, della riforma fiscale targata Meloni, è arrivato a sorpresa in consiglio dei ministri. E si tratta di un pezzo fondamentale, un passaggio cruciale soprattutto per i contribuenti. Il decreto legislativo rimette mano completamente al sistema di riscossione delle cartelle esattoriali. E quella che si preannuncia è una vera e propria rivoluzione. Nei magazzini del Fisco ci sono 1.206 miliardi di euro di tasse arretrate non incassate dallo Stato. Un fardello enorme che azzoppa la capacità di riscuotere della stessa Agenzia delle Entrate, visto che un numero elevato di debitori o è morto, o è fallito oppure è nullatenente. Il provvedimento firmato dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, padre della riforma, promette di “sgravare” il Fisco da questi vecchi crediti ormai quasi del tutto inesigibili ma, contemporaneamente, promette di rendere più rapida la riscossione rendendo più facile ai contribuenti saldare i propri arretrati con l’Agenzia delle Entrate. «Aiutiamo chi vuol pagare» ma non riesce, ha detto Leo. Partiamo da quest’ultimo punto.
Le cartelle esattoriali che saranno emesse a partire dal primo gennaio del prossimo anno potranno essere pagate a rate, con una dilazione che potrà arrivare fino a 10 anni (120 mesi in totale), e che si aggiunge a quella “ordinaria” di 72 mesi (6 anni).
IL MAGAZZINO
L’altro passaggio riguarda, come detto, il “magazzino” delle cartelle, ossia i 1.206 miliardi di tasse e sanzioni arretrate che il Fisco non è ancora riuscito ad incassare. Di questi solo 100 miliardi sono ancora considerati incassabili. Il resto fa capo a soggetti falliti o deceduti, o ancora, nullatenenti. Il decreto prevede la costituzione di una commissione composta da un presidente di sezione della Corte dei conti, anche a riposo, e da un rappresentante, rispettivamente, del Dipartimento delle finanze e del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Cosa dovrà fare questa Commissione? Dovrà proporre possibili soluzioni, da attuare con successivi provvedimenti legislativi, per conseguire il discarico di tutto o parte del predetto magazzino. Che significa? Che le vecchie cartelle dovranno essere incassate (anche in parte) o cancellate. In che tempi? Entro la fine del 2025 tutte quelle più vecchie, emesse cioè tra il 2000 e il 2010. Si tratta, secondo i dati resi noti qualche giorno fa dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, di 335 miliardi, dei quali solo 14 sono ancora considerati effettivamente riscuotibili. Entro il 2027, spiega il provvedimento, dovranno essere “scaricate” le cartelle che hanno una data che va tra il 2011 e il 2017 (altri 325 miliardi circa, di cui 19 considerati ancora incassabili). E, infine, entro il 2031 dovranno uscire dal magazzino tutte le cartelle datate fino al 2024. E per il futuro? Le cartelle che non saranno incassate entro 5 anni saranno restituite agli enti che le hanno emesse. Che, a quel punto, potranno procedere direttamente ai tentativi di incasso o potranno affidarli a società private di riscossione tramite gara. O ancora, potranno chiedere un altro tentativo all’Agenzia delle Entrate. Ma l’obiettivo è che nel magazzino del Fisco non si accumulino più miliardi di cartelle non riscosse.