Cambiano le gerarchie, cambia la mappa del potere. Con l’Europa dell’auto in affanno, confinata ai margini, e l’Asia pronta a prendere sempre più slancio sul mercato globale. A modificare gli equilibri, sovvertendo un ordine fragile, è la transizione green voluta proprio da Bruxelles. La scelta di puntare sull’elettrico ha spiazzato i costruttori del Vecchio Continente, messo in difficoltà la filiera della componentistica che sul motore termico ha costruito una leadership mondiale. Accelerato la competizione.
LE NORME
In attesa del nuovo Parlamento europeo che dovrà decidere come sciogliere il nodo, modulando la rivoluzione green, dagli Usa arrivano segnali chiari.
A rischio, secondo le ultime stime, solo in Italia 45 mila posti di lavoro da qui al 2030. Con Stellantis che ha già mandato a casa 4 mila dipendenti grazie agli accordi siglati con i sindacati. L’obiettivo è ridurre la produzione, come già hanno fatto le altre case automobilistiche. Perché la capacità installata è di gran lunga superiore alla capacità di assorbimento del mercato. Le elettriche, è noto, costano ancora troppo e senza gli incentivi pubblici la svolta resta un miraggio.
Meglio quindi puntare sulle alleanze per ridurre i costi. Renault sembra essere la più attiva. Non è un mistero che il governo di Parigi vorrebbe creare un campione europeo sotto il vessillo francese, magari inglobando proprio Stellantis. Le partnership volte a condividere tecnologie e piattaforme potrebbero rappresentare un punto di svolta, generando sinergie di acquisto nell’ordine dell’8-10%. Un modo per fronteggiare la concorrenza in maniera flessibile. Un esempio sono i tre accordi tra produttori europei e cinesi: Stellantis con Leapmotor, Mercedes-Benz con BYD per il brand premium Denza e Volkswagen con Xpeng.
Fuori dai giochi invece Toyota che guarda tutti dall’alto. Il risultato del primo produttore al mondo si è infatti assestato a 4.940 miliardi di yen, pari a 29,6 miliardi di euro. Con 10,3 milioni di veicoli venduti (+7,3%) e una capacità tecnologica avanzata.
Ma di fronte ad un mercato sempre più selettivo, la sfida si giocherà sui prezzi. I dati del Global Automotive Outlook di AlixPartners parlano chiaro. Per l’Italia si prevede che i volumi di veicoli nuovi rimarranno per i prossimi anni ai livelli attuali (1,8 milioni). Ma, come accennato, l’impatto più forte arriverà sulla filiera. Perché il valore dei componenti di motore e trasmissione per la propulsione elettrica è ridotto di un terzo rispetto agli analoghi componenti di un veicolo endotermico. Il risultato? Circa 7 miliardi di perdita di valore al 2030.
IL FUTURO
La spinta nei prossimi anni però la darà soprattutto la Cina che nel 2024 crescerà di un altro 4%. L’Europa resta imballata visto che i veicoli elettrici non decollano sul mercatoi (Germania inclusa, dove la quota è cresciuta dal 17 al 18% tra il 2022 e il 2023). In Italia dal 2021 l’incidenza dei veicoli a batteria è stabile al 4%. Ma come uscirne? Gli analisti sono concordi che, al di là dei dazi, reali o minacciati, il futuro non potrà che vedere un consolidamento del settore. Perché la scelta tra un auto occidentale o cinese si deciderà su prezzo, performance e stile, fattori in cui le auto del Dragone sono già molto competitive. Le case europee lo sanno e provano a difendersi. In attesa che Bruxelles indichi la strada.