Luigi Nono, per i cent'anni ritorna il «Prometeo»

Quattro repliche in altrettanti giorni nello stesso luogo in cui vide la luce

Per i cent'anni di Nono ritorna il «Prometeo»
Per i cent'anni di Nono ​ritorna il «Prometeo»
di Stefano Valanzuolo
Giovedì 18 Gennaio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 07:26
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Di anniversari da celebrare, stavolta, la Biennale di Venezia ne ha almeno due. Il 29 gennaio ricorrerà un secolo dalla nascita di Luigi Nono, compositore tra i più significativi del Novecento oltre che veneziano illustre per nascita e appartenenza. Quaranta, invece, sono gli anni trascorsi dalla prima rappresentazione di «Prometeo. Tragedia dell'ascolto», opera cardine nella produzione di Nono, che debuttò in laguna il 25 settembre del 1984. Cogliendo il doppio spunto, dunque, la Biennale ha scelto di riallestire il «Prometeo» nello stesso luogo in cui vide la luce, ossia la monumentale chiesa sconsacrata di San Lorenzo (oggi trasformata in Ocean Space, centro di ricerca e divulgazione): quattro repliche in altrettanti giorni; si comincia il 26 gennaio, si chiude nella data di nascita del compositore.

All'epoca, ossia nel 1984, l'opera di Nono costituì nel panorama europeo un vero e proprio evento, in senso culturale assai più che mondano e al netto dell'abuso che del termine si fa oggi. Venezia quasi si fermò nell'attesa della prima, e persino il traffico dei traghetti sui canali fu rispettosamente rallentato. Concepito per solisti vocali e strumentali, due attori, coro misto, quattro orchestre e live electronics, il «Prometeo» del 1984, su testi di Massimo Cacciari (ricavati da Benjamin, Goethe, Hölderlin, Schoenberg e classici greci) vide coinvolti Claudio Abbado alla direzione d'orchestra, Emilio Vedova e Renzo Piano per l'allestimento, Hans Peter Haller e Alvise Vidolin per la regia del suono.

A distanza di quarant'anni, invariati ovviamente testi e musica, restano Vidolin e alcuni solisti come Roberto Fabbriciani e Giancarlo Schiaffini a testimoniare la continuità tra i due progetti. Sul podio, stavolta, salirà Marco Angius, direttore dell'Orchestra di Padova e del Veneto, cultore del repertorio moderno. Il contesto scenico, invece, è stato rimodulato da Antonello Pocetti e Antonino Viola, in coerenza con quella ricerca di non-spazio che ispirò Vedova e Piano.

Cos'è «Prometeo»? Intervistato, alla vigilia della storica prima, Nono volle spiegate prima di tutto cosa «non» fosse. «Non è un'opera», disse, «né un melodramma. Né una cantata scenica, né un oratorio, né un concerto. È una tragedia composta di suoni, con la complicità di uno spazio, anzi di due spazi, senza alcuna facilitazione scenica o visuale». Un lavoro dichiaratamente complesso, quindi, per costruzione e per fruizione, che non mancò di sollevare polemiche. Qualcuno, all'indomani dello spettacolo, parlò di smarrimento del pubblico di fronte ad esiti troppo inconsueti; qualcun altro arrivò a parlare di noia. In realtà, «Prometeo» apriva nuove prospettive di ascolto, utilizzava forme comunicative scarne e tutt'altro che compiacenti, tesseva un elogio del silenzio sin anche inopinato (tanto più per chi ricordasse l'esplicito vigore di precedenti sortite dell'autore), metteva a frutto una rigorosa ricerca sul suono anche e soprattutto attraverso l'elettronica, proiettava la musica all'interno di una più articolata dimensione spaziale sovvertendo riti di consumo già avvertiti in via di degrado . «Una follia immaginifica», la definì Nono, in cui si colgono inquietudine e un'insopprimibile ansia di ricerca: «prometeica», appunto. Una rivendicazione orgogliosa del pensiero; un atto di fede laica nelle capacità intellettuali dell'uomo, poi accusato di «intellettualismo» e, dunque, contestato, dalla parte politica storicamente avversa a Nono (e ad Abbado) con argomentazioni che, paradossalmente, rimandano alle storie di «formalismo» con cui ebbe a che fare Shostakovich, in tutt'altro contesto storico e geografico.

Questo progetto speciale è promosso dall'Archivio della Biennale e della Fondazione Luigi Nono, che trasferirà i propri materiali nel nuovo centro di ricerca della Biennale, in corso di realizzazione all'Arsenale. Lo scopo è quello di proseguire e rafforzare l'attività di studio e divulgazione sull'opera del compositore veneziano, cui da sempre contribuiscono, con la loro instancabile attività, anche Nuria Schoenberg Nono e sua figlia Serena. 

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