Giancarlo Siani, l'ateneo Roma Tre gli dedica un'aula: «Icona per i nostri ragazzi»

È la quinta targa che l’Ateneo romano dedica a una vittima innocente di mafia

A Roma Tre una aula è stata intitolata ieri a Giancarlo Siani
A Roma Tre una aula è stata intitolata ieri a Giancarlo Siani
di Francesca Bellino
Martedì 23 Aprile 2024, 23:34 - Ultimo agg. 25 Aprile, 09:01
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Da ieri l’Aula 2 del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Roma Tre è intitolata a Giancarlo Siani, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985 a 25 anni. È la quinta targa che l’Ateneo romano dedica a una vittima innocente di mafia grazie al progetto “Roma Tre contro le mafie" che prevede l’intitolazione di dodici aule. «Il progetto è nato grazie alla suggestione di Paolo Siani, fratello di Giancarlo – ha spiegato Massimiliano Fiorucci, Rettore dell’Università Roma Tre - È un modo per onorare le vittime e i loro familiari, ma è anche un progetto di educazione civica alla cittadinanza. Ogni volta che si entrerà in quest’aula ci si chiederà chi era Giancarlo Siani e speriamo sia un graffio alle coscienze come direbbe don Luigi Ciotti di Libera».

«L’Università è il luogo del confronto, del dialogo, della democrazia e della libertà – ha aggiunto il rettore -, ma senza legalità non c’è nessuna di queste cose. Ricordare persone che sono morte per aver svolto il proprio lavoro è un monito per gli studenti». Alla cerimonia di svelamento della targa, insieme al rettore erano presenti, tra gli altri, il Direttore Generale Università Roma Tre Alberto Attanasio, il direttore del dipartimento Morozzo della Rocca, Iolanda Napolitano dell’associazione Libera, il direttore del Mattino Francesco de Core, il giornalista del Corriere della Sera Francesco Di Frischia e Marco Risi, regista di “Fortapàsc”, film del 2009 che racconta la vita di Siani, interpretato da Libero De Rienzo.

«Questa targa è una piccola pietra che sarà qui per sempre e racconterà ai ragazzi che verranno chi era Giancarlo. Oggi i ragazzi crescono con modelli che non condivido. Vedono con passione Gomorra o Mare fuori che mitizzano i boss. Come ci si può meravigliare che alcuni ragazzi facciano un applauso fuori luogo e si schierino dalla parte del boss. Quello che manca è un racconto delle mafie bilanciato con il bene. E qui oggi comincia questo racconto», ha commentato Paolo Siani facendo riferimento all’applauso di alcuni alunni della scuola media Amedeo Maiuri di Napoli presenti al cinema Plaza al Vomero per la proiezione di “Fortapàsc” durante la scena in cui i sicari uccidono Giancarlo. 

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L’osservatorio 

«Il sacrificio di Giancarlo Siani ha segnato un prima e un dopo nella consapevolezza civile del potere criminale della camorra, così come c’è stato un prima e un dopo per i grandi attentati della mafia siciliana. Per tutti Giancarlo è un esempio, un modello. Non viveva il suo mestiere di cronista in maniera protagonistica, credeva nel suo lavoro e nel suo dovere di informare l’opinione pubblica», ha commentato Morozzo della Rocca, Direttore Dipartimento Filosofia Comunicazione e Spettacolo. Poi tocca a de Core: «Quando morì Siani avevo 20 anni e lavoravo in una tv privata. Quando ci arrivò la notizia rimasi sconvolto dall’evento perché a quell’età non si pensa alla morte. Non credo che Giancarlo pensasse di morire. Anxi, era un giovane pieno di vita: si recava sul posto, parlava con le persone, cercava di capire i fatti e andare oltre la singola notizia per annodare i fili di quello che accadeva. Questo è stato il suo grande metodo. I suoi articoli non sono mai stati di superficie, c’era sempre scavo e approfondimento. Conosceva non solo la pratica dell’attività camorristica, ma aveva permeato, attraverso studi approfonditi, la matrice criminale che governava interi territori, di cui una parte ancora oggi risente del peso infame della criminalità organizzata. Noi tutti in redazione ogni volta che parliamo di Siani – ha aggiunto de Core - sentiamo un senso di dovere e di rispetto verso la sua figura, che si manifesta facendo bene il nostro lavoro nella quotidianità, non con parole auliche ma cercando il linguaggio della verità». Prima della proiezione di “Fortapàsc” per gli studenti anche Marco Risi ha ricordato Siani e la genesi del film: «Quando fui invitato a fare un film sulla sua vita non lo conoscevo, avevo solo visto la fotografia dell’85 in cui era seduto a bordo della sua auto verde e quella foto mi era rimasta in mente.

Mi fu consigliato di leggere “L’abusivo” di Antonio Franchini e poi mi arrivò un trattamento di Andrea Purgatori e Jim Carrington. Non volevo fare un film su un eroe, ma su un ragazzo semplice e pieno di vita che viene ucciso perché fa bene il suo lavoro. Libero De Rienzo arrivò in secondo momento e quando è morto nel 2021 è stato come perdere Giancarlo per la seconda volta. Ricordo che quando stavamo girando l’ultima scena al Vomero, passò un signore con una moto, si fermò e disse: Dite al regista che questo film lo deve fare bene perché Giancarlo aveva un cuore grande così».  

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