La stretta sul lavoro nero in edilizia non riguarderà solo gli appalti pubblici o i grandi cantieri. Le norme anti-sommerso dovranno essere verificate e rispettate anche nei piccoli lavori di edilizia, come la ristrutturazione di un appartamento. Altrimenti scatteranno le sanzioni. È la conseguenza di una norma inserita nel decreto legge sulla coesione approvato ieri dal consiglio dei ministri e che obbliga i «committenti», chi cioè dà incarico ad un’impresa di effettuare un lavoro edile, di verificare che il costo della manodopera sostenuto per la ristrutturazione sia “congruo” rispetto al valore complessivo dei lavori. Si tratta in realtà di una norma che già esiste da qualche anno, ma che fino ad oggi era sostanzialmente senza sanzioni. O meglio, le multe scattavano soltanto nel caso in cui il valore dell’appalto fosse superiore ai 500 mila euro. Con il decreto coesione questa soglia viene abbassata a 70 mila euro, il costo medio della ristrutturazione di un appartamento. La dichiarazione di “congruità” dovrà essere firmata e presentata dal direttore dei lavori, in genere l’architetto o l’ingegnere che hanno redatto il progetto. Se invece il committente non si avvale dell’aiuto dei professionisti, dovrà predisporre di persona l’attestato di “congruità”. Cosa accade se non lo fa? Va incontro ad una sanzione fino a 5 mila euro.
Le sanzioni
Sempre per contrastare il lavoro nero in edilizia, le sanzioni sono state allargate ai piccolissimi appalti pubblici. Fino ad oggi, la mancanza dell’attestato di “congruità” nel pubblico, era sanzionata solo per lavori superiori a 150 mila euro.
Il passaggio
Nel consiglio dei ministri di ieri, poi, hanno trovato quasi tutte conferma, le norme sul lavoro già discusse nei giorni scorsi. A cominciare dal “bonus” da 100 euro per i redditi bassi. Qualche correzione in realtà c’è stata. La prima è che il bonus sarà pagato a gennaio del 2025 e non a Natale con la tredicesima. Il governo non è riuscito a trovare i soldi necessari nel bilancio di quest’anno. La seconda è che il bonus sarà versato a chi ha un reddito massimo di 28 mila euro, in una famiglia dove solo uno dei coniugi lavora e a patto che ci sia almeno un figlio a carico. Attenzione però, i 28 mila euro non fanno riferimento allo stipendio annuo, ma a tutti i redditi percepiti. Per cui, per esempio, se c’è un affitto o degli interessi su dei Btp che fanno superare i 28 mila euro, il bonus si perde.
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I paletti
Si tratta di una serie di paletti necessari a ridurre la platea dei beneficiari e quindi il costo per le casse dello Stato. Il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha spiegato che il bonus dovrebbero riceverlo circa un milione di contribuenti (il costo dunque sarà di 100 milioni). Un primo passo, ha spiegato Leo, verso la decontribuzione delle tredicesime che. sempre risorse permettendo, potrebbe trovare spazio nella prossima manovra di Bilancio. La priorità del governo, ha spiegato Leo, resta comunque di confermare anche per il prossimo anno la riduzione a tre degli scaglioni fiscali con le aliquote del 23-35 e 43 per cento. Se si troveranno fondi si andrà oltre e si proverà a dare un primo aiuto alla classe media quella, ha spiegato ancora Leo, che in questi anni ha sofferto di più. Ma la partita delle risorse sarà la più complessa da giocare. L’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, ha stimato che occorrono 18 miliardi solo per confermare le misure in scadenza a fine anno. La prova delle difficoltà sta anche nella decisione di cancellare dal decreto approvato ieri, la detassazione al 10 per cento dei premi di produttività per i dipendenti. Oggi l’aliquota è del 5 per cento. Riportarla su avrebbe dato un segnale di aumento delle tasse. Il contrario di quanto promesso dal governo.