AVEZZANO – Interessante sia dal punto di vista sociale e di costume che da quello giudiziario la vicenda della quale sono stati protagonisti un papà e due figlie maggiorenni residenti in città. A.D.F., 63 anni di Avezzano, noto commerciante della zona, era accusato dalle figlie maggiorenni (età anni 21 e 20) di non provvedere più al loro mantenimento economico (università a Roma, affitto di casa, abbigliamento, divertimenti, tutte circostanze che emergono negli atti del procedimento che sono accecssibili per legge a chiunque ne voglia leggere i particolari).
Con tale accusa il noto commerciante che tra l’altro gestisce un esercizio nel pieno centro del capoluogo marsicano era stato rinviato a giudizio (Pm Elisa Labanti).
Tra l’altro nell’atto della querela le figlie si lamentavano di non avere più la disponibilità di un cavallo per equitazione né di godere di una consistente “paghetta”, il contributo, a volte lauto, che i familiari sono soliti passare brevi manu ai figli qualche volta anche minorenni per soddisfare le piccole necessità.
LA DECISIONE
Il Tribunale Penale di Avezzano, giudice dottoressa Anna Cuomo, ha accolto la tesi difensiva, pronunziando l’assoluzione del commerciante con formula piena in quanto nella condotta del padre non è ravvisabile alcuna responsabilità penale, utilizzando la formula “perchè il fatto non sussiste”. Il commento più ovvio che viene da pronunciare consiste nel fatto che ora le figlie dovranno rassegnarsi a lavorare e a provvedere personalmente alle loro spese.
Al di là del fatto specifico, comunque, è nota la convinzione che la vicenda non sia del tutto abnorme e che essa sia da inquadrare in un quadro ben più ampio e consuetudinario. Sono note le storie di figlio che restano in casa dei familiari ben oltre i vent’anni per risparmiare per le spese più comuni come la sussistenza, è vero, ma anche la pulizia della biancheria, le pietanze usuali e tutto il resto.
Del resto le notizia di questo stato di cose occupa spazi nei vari palcoscenici esistenziali.
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