Carlo Verdone: «Mia madre la donna più importante della mia vita. Grazie a lei sono nati i miei personaggi. Morì a 59 anni per una malattia»

L'attore e regista ricorda la mamma

Carlo Verdone: «Mia madre la donna più importante. Grazie a lei sono nati i miei personaggi. Morì a 59 anni per una malattia»
Carlo Verdone: «Mia madre la donna più importante. Grazie a lei sono nati i miei personaggi. Morì a 59 anni per una malattia»
Sabato 17 Febbraio 2024, 09:25 - Ultimo agg. 12:50
4 Minuti di Lettura

La donna più importante della vita di Carlo Verdone è sempre stata sua madre, Rossana Schiavina. «Una santa come quelli dei calendari. Perbene, misericordiosa, protettiva». Una mamma meravigliosa per l'amore che dava. «Ha amato immensamente mio padre, Mario, studioso e saggista di cinema e assistente di Norberto Bobbio all’università, lontano da lei, solare, spiritosa, emotiva. Papà veniva da una famiglia poverissima; orfano di guerra, sua madre faceva i rammendi perle suore. Si conobbero tramite Cesare Brandi, il critico d’arte».

Claudia Gerini di nuovo innamorata: «Non sono stata mai lasciata. Carlo Verdone? A 25 anni avevo una vita disordinata»

Carlo Verdone, il ricordo della mamma

La loro casa divenne un cenacolo come ricorda il Corriere della Sera. «Un salotto dove passò tutta l’intelligenza.

Fellini andava pazzo per il risotto, Leonard Bernstein di cui ho la foto mentre Gianna, la mia ex moglie, lo imbocca e lui, come sempre, ha il whisky in una mano e la sigaretta nell’altra. Ricordo Zeffirelli, Ettore Scola, Bussotti, il direttore Urbini, il violinista Milstein, quel genio di Benedetti Michelangeli che quasi viveva con l’accordatore di pianoforte e interruppe i suoi silenzi per dirci di accordare il nostro. Vittorio De Sica a fine pasto era solito masticare una foglia di pianta cedrina dal terrazzo...».

E sempre grazie a lei Carlo Verdone ha creato una serie di personaggi: «Mamma mi stimolava a osservare, da lì sono nati i miei personaggi».

Carlo era il figlio prediletto, più di Luca e Silvia. Un bambino che aveva paura del buio: «Il buio era un problema. Mamma mi comprò un lumino dalla luce calda, arancione, con cui riuscivo a prendere sonno. Sotto Natale preparava il presepe nella mia stanza e mi addormentavo con le lucine dei re Magi. Mamma era protettiva con noi figli».

Alberto Sordi «è una spia sovietica», l’abbaglio degli svizzeri che gli impedirono di costruire una villa

La morte

Una mamma che se ne andò troppo presto. «A 59 anni, nel 1984. Morì di una orribile malattia nevralgica che comincia con l’insonnia e poi diventa depressione. Piangeva spesso. I medici - racconta ancora Carlo Verdone al Corsera - la presero per depressione ma era la sindrome di Richardson, Steele e Olszewski. Le fu diagnostica in Francia, in Italia non avevano capito nulla. Innesca un decadimento lento e inesorabile del corpo, fino a quando non si riesce a stare in piedi e si fatica ad aprire le palpebre. Ha sofferto per quattro anni, e noi con lei. Papà era distrutto, avrebbe voluto morire».

Poi ricorda ancora: «Papà non parlava più. Ma riuscii subito a reagire, mi dissi che dovevo ricordarla com’era prima della malattia. La sera del funerale a cena cominciammo a ridere degli episodi più lieti, lasciandoci alle spalle il calvario di quei quattro anni».

Il ricordo

C'è un profumo oggi che lega Carlo ancora a sua madre:,il profumo Roger & Gallet. «Quando voglio ricordarmi di lei, apro la boccetta e mi appare la scenografia della sua camera da letto, che era inebriata da quella fragranza. E quasi quasi, ancora oggi, mi sembra di rivederla»

Prima di andarsene sua madre ha avuto tempo di vedere «i miei due primi film. Venne sul set di Un sacco bello. Girai Acqua e sapone in condizioni psicologiche tragiche. La mattina giravo e il pomeriggio andavo a trovarla in clinica. Ebbe un ruolo fondamentale per il mio debutto teatrale, all’Alberichino». Cosa fece? «Mi venne un attacco di panico, volevo far saltare lo spettacolo. Mamma prese la borsa con gli oggetti dei miei personaggi, e me la mise in mano, mi diede le chiavi della macchina, mi spinse verso la porta e disse: vai fregnone, che un giorno mi ringrazierai. Mi prese per un orecchio come sifa con i bambini che non vogliono andare a scuola. Fu un grande successo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA