La crisi è cattiva consigliera, oltre che pessima compagna di viaggio.
Induce in comportamenti contrari al bisogno. Lo ricordava la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, nel corso dell’ultimo Insurance Summit svoltosi a Roma a ottobre: «Il rallentamento della crescita porta in genere a una minore domanda di coperture». Sanità, previdenza, assistenza (soprattutto rivolta alla non autosufficienza) costituiscono i tre pilastri di una sempre più necessaria protezione sociale. Forme di welfare che devono sussidiare l’offerta pubblica (di primo pilastro) con il contributo privato complementare e integrativo. Il ruolo e il contributo dell’assicurazione è proprio quello di ampliare la rete di protezione sociale. «Per proteggere gli italiani – ha ribadito la presidente Farina – è innanzitutto necessario garantire uno sviluppo sostenibile della nostra economia. Malgrado la situazione attuale, la transizione ecologica non potrà essere rallentata. Il nostro settore è determinato a garantire un fattivo contributo, integrando i principi Esg nell’intera operatività e nella governance delle nostre imprese. In tema di welfare intendiamo investire in complementarità con il Pnrr».
LE VOCI DI COSTO
Una tra le più significative voci di costo nel bilancio dello Stato italiano deriva dalla spesa sanitaria che nel 2020 ha raggiunto 122 miliardi (7,4% del Pil) e il cui onere è destinato ad aggravarsi (era circa il 5% del Pil poco più di venti anni fa), soprattutto per effetto dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle patologie cronico-degenerative. In tale contesto, cresce costantemente la componente della spesa sanitaria che gli individui e le famiglie sostengono privatamente e che ora ammonta a circa 38 miliardi. La mancanza di protezione assicurativa a copertura delle cure mediche risulta evidente se si pensa che appena poco più dell’8% di questi costi privati sono riconducibili alle assicurazioni e il 2,6% a fondi e casse sanitarie.
La restante parte, 34 miliardi (quasi il 90%), è pagata ogni anno di tasca propria dalle famiglie italiane e ciò le rende più fragili ed esposte a esborsi imprevisti che, in alcuni casi, diventano insostenibili.
DI TASCA PROPRIA
Infatti, a fronte di un bisogno crescente, soddisfatto solo in parte con le prestazioni già previste dal sistema pubblico, per l’assistenza dei cari non più autonomi le famiglie sostengono direttamente, “di tasca propria”, esborsi rilevanti, la cui stima è resa difficile dal fatto che non tutte le forme di spesa, come quelle per collaboratori e collaboratrici familiari, sono registrate, ma che più fonti riferiscono essere superiori a 20 miliardi. In prospettiva, con la maggiore domanda di servizi sanitari e assistenziali dovuti all’invecchiamento della popolazione, e tenuto conto dei vincoli di finanza pubblica, è plausibile che gran parte dell’onere economico aggiuntivo resterà direttamente a carico delle famiglie. Solo una mutualizzazione dell’onere può assicurare una copertura adeguata e un’assistenza dignitosa. © RIPRODUZIONE RISERVATA