Fca ai manager stranieri, le paura di Pomigliano: «Che ne sarà di noi?»

Fca ai manager stranieri, le paura di Pomigliano: «Che ne sarà di noi?»
di Gigi Di Fiore
Martedì 24 Luglio 2018, 06:55 - Ultimo agg. 09:44
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Inviato a Pomigliano

Le sbarre d'ingresso ai parcheggi divelte, l'erba non potata, le pensiline arrugginite parlano di manutenzione assente da chissà quanto tempo. Almeno all'esterno, lo stabilimento Fca Giambattista Vico di Pomigliano sa di abbandono. Ma all'interno è tutta un'altra musica. Sono le 13,28, è il cambio turno all'ingresso 4. Appena superati i sei varchi d'ingresso, il pannello in alto informa: 80 giorni senza infortuni, un infortunio dall'inizio dell'anno.

Gli operai in entrata e quelli in uscita sono tutti in tuta bianca e grigio chiara. Si salutano. Qualcuno va in ferie, altri ci andranno domani. Di quanto sta accadendo ai vertici della società, dell'avvicendamento dell'amministratore delegato Sergio Marchionne in condizioni di salute così gravi da non poter più tornare al lavoro, tutti hanno ufficialmente saputo attraverso un'unica comunicazione: la lettera di John Elkann, affissa nelle bacheche di ogni reparto.
 
«Sì, non c'è stata altra comunicazione dai dirigenti, tutto è stato affidato a quel documento», conferma Luigi del reparto Montaggio. Le voci in mattinata, i commenti frettolosi erano in gran parte preoccupati: «Ma soprattutto per la situazione di incertezza, in cui siamo precipitati all'improvviso - spiega Antonio del reparto Logistica - Noi abbiamo dato fiducia a Marchionne, almeno all'inizio, e lo stesso faremo con il suo successore, ma per il momento non abbiamo alcun elemento per potere esprimere qualche giudizio. Tutto così rapido e improvviso. È presto».

Nessuno si aspettava la notizie di Marchionne, del resto circolata nel fine settimana e resa ufficiale solo dalla lettera trovata nelle bacheche nel lunedì di ripresa lavoro. Ogni turno produce 450 nuove Panda, il modello presentato proprio qui nella grande manifestazione ufficiale di sette anni fa da Marchionne. Fu l'ultima volta che l'amministratore delegato Fla si è visto a Pomigliano. Tra turno mattutino e pomeridiano, al lavoro ci sono 2300 operai. Altri 1700 sono in cassa integrazione che è a rotazione.

Dice Gerardo, che è stato in passato delegato sindacale nello stabilimento: «Ci vengono assicurate dodici giornate lavorative al mese, in questa fase che viene considerata di crisi. Eppure, c'è una produzione giornaliera non da poco. Vedremo cosa succederà con il nuovo amministratore, abbiamo una serie di nodi in sospeso da affrontare».

Preoccupazioni di chiusura? Nessuno ne ha, almeno nessuno le esprime all'esterno. Chiarisce Antonio, che qui lavora da oltre vent'anni: «Cerchiamo sicurezza e continuità. Dopo l'estate, aspettavamo da Marchionne comunicazioni ufficiali sulla nostra mission produttiva. A questo punto, sarà il suo successore a dovercene parlare».

C'è molta attesa su Mike Manley e sulle sue idee di Pomigliano. Dice ancora Gerardo: «Produciamo la Panda, ma circolano da tempo voci su un nuovo prodotto, una baby jeep, che potrebbe essere affidata al nostro stabilimento. Manley viene proprio dalle esperienze produttive delle Jeep. Con due auto in produzione, potremmo superare la cassa integrazione e rientrare nella piena occupazione».

A fine anno, scadrà il contratto di lavoro. Fino a questo momento, i due ultimi rinnovi sono stati solo normativi senza toccare gli aspetti retributivi. Le nuove trattative cominceranno con un nuovo amministratore delegato. Dice Michele: «Bisognerebbe adeguare le retribuzioni all'inflazione, come i premi produzione. Il triste epilogo della gestione Marchionne ci lascia con tante incognite. Conosciamo la via vecchia, ma quale sarà la via nuova? Sarà migliore o peggiore della precedente? Lo verificheremo subito dopo l'estate».

Fu Marchionne a volere il rilancio di Pomigliano, con tagli, cassa integrazione, nuovo look e successiva automazione delle lavorazioni. Innovazioni passate attraverso un contratto e un referendum tra i lavoratori, con pesanti polemiche con la Fiom.

Poi, sei anni fa, l'affidamento della produzione Panda, che prima era in Polonia, a Pomigliano. Dice Gerardo, che di questa storia non ha perso un passaggio: «Vicende che hanno provocato divisioni tra noi, polemiche sindacali. C'è chi oggi specula sulla morte di un'operaia 5 anni fa, collegandola alla cassa integrazione voluta da Marchionne. Quelle vicenda non c'entrava nulla con la situazione lavorativa. Ora ci aspettano nuovi appuntamenti, con nuovi interlocutori. Naturalmente, tutti speriamo nello sviluppo di Pomigliano e che il nostro stabilimento rientri nelle strategie del nuovo managment».

Fu Marchionne a volere per lo stabilimento di Pomigliano il nome di «Giambattista Vico», per rimarcarne l'identità sul territorio. Fu Marchionne a introdurre slogan e tempi diversi di lavoro attirandosi le proteste di un gruppo, con il tempo sempre più limitato, di operai. Oggi sono tornati al lavoro anche gli iscritti alla Fiom, che non votarono il contratto. Dice Pietro del reparto Verniciatura: «Per ora le votazioni dei delegati sindacali sono congelate. Non abbiamo delegati aziendali, voteremo a settembre solo il rinnovo dei delegati per la sicurezza. Certe lacerazioni e spaccature si sono smussate nel tempo, sperando nel futuro dello stabilimento».

Per ora, ma è troppo presto, nessun contatto del nuovo managment con i dipendenti di Pomigliano. Ma c'è chi teme che, nelle prossime contrattazioni, rientri anche il confronto sui 400 operai di età compresa tra i 30 e i 50 anni che, per motivi certificati di salute, non sono ricollocabili in reparti più faticosi. Conclude Gerardo: «Dopo la cassa integrazione, ricambi generazionali, i dipendenti di Pomigliano sono più aperti al dialogo sui problemi. I nodi da sciogliere sono tanti, con il nuovo amministratore delegato avremo necessità di farci conoscere».

«Noi siamo quello che facciamo» dice lo slogan all'ingresso.

Fu voluto da Marchionne.

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