Marchionne, la lettera dell’amico Grande Stevens svela la verità sulla sua malattia

Sergio Marchionne
Sergio Marchionne
Lunedì 23 Luglio 2018, 09:56 - Ultimo agg. 10:51
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In una lunga e commovente lettera pubblicata sul Corriere della Sera di oggi, Franzo Grande Stevens, presidente onorario della Juventus e da sempre definito "l'avvocato dell'avvocato" Gianni Agnelli, racconta il "suo" Marchionne e rivela anche alcune indescrezioni sullo stato reale di salute dell'ormai ex manager di Fca.

Ecco la versione integrale della lettera pubblicata dal Corriere


È molto difficile per me parlare di Sergio Marchionne che con Gianluigi Gabetti è stato il mio migliore amico di una vita. La sua scelta di amministratore delegato della Fiat (oggi Fca) è dovuta a Umberto Agnelli, che prima di morire raccomandò a Gabetti e a me di chiamarlo in azienda. Umberto aveva valutato Marchionne dai risultati eccezionali che aveva raggiunto lavorando per la Sgs, Société Générale de Surveillance, società di assicurazioni ginevrina. Umberto ci disse che quest’uomo aveva avuto un’idea geniale: quella di incaricare un suo uomo in ogni scalo marittimo o aereo del mondo.
Questo incaricato doveva garantire all’acquirente i beni di qualsiasi genere (dal petrolio alle noci alle castagne e via di seguito) e che essi corrispondessero alla qualità dichiarata dal venditore. In questo modo i tempi dell’accertamento e le qualità promesse dalla società di assicurazioni erano praticamente annullati. E i clienti assicurati dalla Sgs ricevevano subito il pagamento. Non era infatti necessario un accertamento delle qualità dei beni venduti, in quanto ne rispondeva la società assicuratrice. La Sgs ebbe un enorme sviluppo. E questa fu la ragione principale per la quale Umberto Agnelli, sul punto di morire, consigliò a Gabetti e a me di assicurare alla Fiat quest’uomo. Così facemmo. Quando conobbi Marchionne gli citai per caso, nel nostro colloquio, un filosofo e mi accorsi che egli conosceva benissimo la filosofia a cominciare da Voltaire e Machiavelli: e gli consigliava perciò il «senso della disciplina» e la consapevolezza dell’«importanza della cultura». La prima gli veniva dall’infanzia che fu difficile. Da ragazzino, dopo la scomparsa del padre maresciallo dei carabinieri, con la mamma emigrò da Chieti negli Abruzzi a Toronto in Canada, presso una zia che commerciava in dettaglio ortofrutticoli.
Un trasferimento affatto facile per lui.
Imparò così il rigore e capì il binomio disciplina-cultura. Sergio è un uomo che sarebbe piaciuto a Giovanni Agnelli, che da sabaudo illuminato aveva dimostrato sempre grande interesse per gli intellettuali e per i sofisticati meccanismi finanziari dedicando del tempo ad affrontare tematiche di cultura illuministica e storica. Giovanni Agnelli ne avrebbe apprezzato la «unicità». Marchionne in Canada completò i suoi studi dimostrando grande interesse per la filosofia. Gianluigi Gabetti ed io, memori di quanto ci aveva detto in punto di morte Umberto Agnelli, invitammo Sergio e riuscimmo a portarlo alla Fiat. Qui ci incontravamo e ci consultavamo molto spesso da veri e grandi amici su ogni questione importante del gruppo (a quest’ultimo egli, con l’aiuto di Obama, aveva potuto aggiungere la Chrysler donde il cambiamento di Fiat in Fca). Gabetti ed io avremmo potuto considerarlo per la nostra età un figlio (il mio primo ha soltanto quattro anni di meno) e invece divenne un nostro fratello, che ci consultava e ci insegnava che cosa vuol dire occuparsi del successo di una grande azienda. Il dolore per la sua malattia è indicibile. Quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che egli era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Tuttavia, quando seppi che era soltanto un «intervento alla spalla», sperai. Invece, come temevo, da Zurigo ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine. Alla società, ad Elkann, che è esponente e leader della proprietà, la mia commossa partecipazione. Marchionne ha lasciato una società che ha raggiunto l’incredibile risultato dell’azzeramento del debito e l’avvio di una vita di successi. Mi auguro che sulla strada che egli ha tracciato, sul suo esempio, la Fca prosegua con gli stessi risultati. Soltanto così il grande dolore di tutti noi potrà alleviarsi.
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