Stefano Daniele Il chierico, il medico, il santo: quel fraticello guarito tra scienza e miracolo

Un saggio ricorda la guarigione nel 1752 di un pretino salvato dall’aver sognato Francesco Caracciolo

San Francesco Caracciolo
San Francesco Caracciolo
di Ugo Cundari
Martedì 9 Aprile 2024, 07:21
3 Minuti di Lettura

Tre sono i protagonisti di questa vicenda, in gran parte inedita, in cui nell’arco di due secoli, tra il Cinquecento e il Settecento, i piani del naturale e del soprannaturale, della fede e della logica, entrano in collisione, deflagrano e danno origine a una nuova cultura delle idee, che condizionerà il pensiero scientifico occidentale, partendo da Napoli. 

Nel 1752 Carlo de Vivis, un fraticello imberbe dell’ordine dei chierici regolari minori, recluso in una cella del monastero di Santa Maria maggiore alla Pietrasanta, si ammala gravemente. Tossisce sangue. I medici lo curano con brodino caldo, olio di mandorle dolci, sperma di balena. La malattia peggiora e i confratelli pregano per una morte indolore. Una mattina il moribondo si alza dal letto ed è completamente guarito. Da sotto l’abito caccia l’immaginetta di Francesco Caracciolo, vissuto nel Cinquecento, fondatore dell’ordine a cui appartiene. È stato lui.

Ha fatto il miracolo. È ora che la Chiesa lo proclami santo.

E qui entra in scena Vincenzo de Iorio, un’autorità nel campo della medicina. È incaricato di stabilire se si è trattato di miracolo o di una guarigione a opera dei poteri magici della fantasia, come all’epoca si riteneva plausibile. Questo è lo snodo cruciale della questione raccontata in Il chierico, il medico, il santo (il Mulino, pagine 224, euro 20), dello storico della scienza Stefano Daniele. I verbali dei processi per la beatificazione e canonizzazione del pretino ridefinicono i confini tra naturale e soprannaturale nella storia della scienza.

La fantasia non ha alcuna capacità magica, ma è una delle tante capacità della mente. «Riportata sulla terra la fantasia, e liberata da ogni connotazione irrazionale, ne discende un mondo che da una parte ha la scienza e dall’altra il miracolo unico e irripetibile», dice Daniele che ha scovato casi simili, con relativo dibattito, solo in un altro paio di archivi d’Europa, uno in Francia e l’altro in Germania.

De Iorio cita anche Giambattista della Porta, vissuto nel Cinquecento, primo pensatore occidentale a riconoscere nella fantasia una genesi puramente razionale e nient’affatto magica. In Magia naturalis Della Porta, secondo il medico, intende «i prodigiosi eventi per niente superiori alle leggi naturali, le quali, con tutto lo sforzo ed abilità delle sue cause, non possono operare né veri miracoli, né può operare l’immaginativa umana, la quale ha solamente forza nella macchina umana».

Video

Il caso napoletano ha segnato uno spartiacque nella storia della medicina e della scienza: pur continuando a credere nei miracoli, scientificamente indimostrabili e indimostrati, toglue alla fantasia ogni presunto potere magico, lasciandole lo spazio per determinare autosuggestione e/o l’effetto placebo.

Caracciolo è stato proclamato santo da Pio VII nel 1807, ma ancor di più della sua santità l’autore insiste sulla naturale tendenza della filosofia napoletana a rintracciare il razionale in ogni fenomeno. Una tendenza che convive con quella opposta, anch’essa tuttora viva e più riconosciuta, nel vedere il miracolo in ogni fenomeno all’apparenza inspiegabile. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA