Aldo Balestra
Diritto & Rovescio

Se mettiamo la morte
negli smartphone

Foto e video tra le principali attività svolte con i nostri smartphone
Foto e video tra le principali attività svolte con i nostri smartphone
Aldo Balestradi Aldo Balestra
Giovedì 27 Aprile 2023, 21:50 - Ultimo agg. 21:51
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 «Girò video di un uomo in fiamme e non lo aiutò: è indagato» (Ansa, 27.04.2023, ore 14.20)
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Finirà che non arriveremo mai a chiedere, come Federico García Lorca, di essere sepolti con la chitarra, ma piuttosto con il nostro smarphone, contenente i video più curiosi e le foto più belle. Il rischio è alto, se ormai gran parte delle attività che compiamo con il nostro cellulare è dedicata a girare video e scattare foto.

La tendenza è brutta assai: deprecabile vedere che ormai i bambini sono diventati il prolungamento umano di un cellulare, triste osservare due fidanzati al ristorante, magari in una cena a lume di candela, scrollare in silenzio post e foto. E prima o poi avremo le tasche piene di piatti e ricette fotografati per mostrarli ad amici e parenti (alzi la mano chi non l'ha fatto, almeno una volta). E se ci siamo rassegnati ai video dell'orrore dai luoghi di guerra (la guerra, sì, ancora), se c'è chi arriva al lugubre filmato del momento del trapasso di un proprio caro sul letto di morte, facciamo fatica a pensare che ci sia qualcuno sempre pronto ad ulteriori distorsioni del limite.

E' accaduto. Fermarsi sul luogo di un grave incidente stradale e, invece di prestare soccorso a chi ne ha drammaticamente bisogno, c'è chi si preoccupa di impugnare il telefonino come fosse una pistola e “mirare” lì dove c'è il fatto: clic, parte il video, ecco una torcia umana uscire dall'auto incidentata e incendiata e, invece di trovare una giacca, una coperta, per cercare di aiutare quel disperato, ci si preoccupa solo di filmare, e poi che importa se quello sventurato è morto dopo in ospedale per le gravissime ustioni.

Già, che conta? Il filmato ce l'ho, caspita che filmato, si vede proprio tutto! L'uomo che brucia, si contorce dal dolore.

Ed allora lo posto su Facebook, il filmato. E chissà a quanti piacerà. Avrò clic e reazioni, commenti, e che mi frega se qualcuno storcerà il naso. Tutto vero, purtroppo. E' accaduto lo scorso 6 febbraio in occasione di un incidente sul Grande Raccordo Anulare di Roma: la vittima dell'incidente, il pittore 53enne Francesco Sandrelli, che esce dalla sua auto in fiamme, forse poteva salvarsi, chissà. Ma c'era in quell'istante chi lo riprendeva con il cellulare, e poi postava il drammatico filmato, destinato all'orda dei social. L'autore di questa (brutta) vicenda è stato ora rintracciato dalla polizia, è indagato per omissione di soccorso. Invece di fermarsi a riprendere avrebbe potuto aiutare quell'uomo che stava bruciando vivo. Come era logico che fosse.

A riflettere sulla “perdita di valori nella società attuale e sull'umanità dimenticata di chi dette priorità a girare il filmato piuttosto che fermarsi e tentare un soccorso” ci ha pensato un sacerdote, ad Arezzo, ai funerali della vittima. Forse ora che abbiamo conosciuto il seguito della storia, con l'identificazioene e la denuncia dell'autore del filmato, possiamo perdere qualche istante in più ad interrogarci se non siano, sempre e comunque, i comportamenti assai più necessari della testimonianza. C'è bisogno di atti e fatti, più che filmati e foto, se vogliamo trovare, o provare a conservare, il senso vero dell'esistenza. Restiamo umani, per favore.
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“Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi.” (Sant'Agostino)

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