Daniele Silvestri: «Ho pianto quando Paola Cortellesi mi ha chiesto un mio brano per il suo film»

Una carriera da festeggiare con 30 concerti, tutti al Parco della Musica, a Roma

Daniele Silvestri: «Ho pianto quando Paola Cortellesi mi ha chiesto un mio brano per il suo film»
Daniele Silvestri: «Ho pianto quando Paola Cortellesi mi ha chiesto un mio brano per il suo film»
Domenica 28 Gennaio 2024, 09:15 - Ultimo agg. 14:00
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Al liceo Daniele Silvestri fu preso in una tribute band dei Duran Duran. Tutto merito di una "signora" tastiera. «Una Yamaha DX7 - racconta al Corriere della Sera - Per chi suonava eraunsogno e costava tanti soldini. Quando l’hanno saputo, i ragazzi della band mi hanno preso a scatola chiusa senza nemmeno un’audizione». Da lì una carriera lunga 30 anni. Una carriera da festeggiare con 30 concerti, tutti al Parco della Musica, a Roma.

Sul palco del Circo Massimo ci salità con gli amici di sempre Niccolò Fabi e MaxGazzè, e Paola Cortellesi ha voluto la sua canzone "A bocca chiusa" nel primo film da regista "C’è ancora domani". «Quando mi hanno invitato a vederlo mi sono ritrovato in lacrime.

Paola ha fatto una magia e ha dato alla mia canzone un significato nuovo».

Quand’era piccolo con suo papà parlavate in rima. «Era un gioco, avrò avuto 4 o 5 anni. Diventò un esercizio di abilità che mi ha permesso, anni dopo, di avere un mestiere in mano». Anche se per la musica deve ringraziare mamma Emanuela. «Con lei ho visto un sacco di musical in Inghilterra: “Il fantasma dell’opera, “Jesus Christ Superstar”. Da piccolino mi cibava con il jazz. Bolognese, da giovane cantava. C’era lei sul palco quando Pupi Avati si sentì male e venne sostituito da Lucio Dalla con il suo clarinetto». Lo stesso Lucio Dalla, anni dopo, «mi inviò il primo telegramma per complimentarsi quando mi ascoltò a Sanremo con “L’uomo col megafono”. Le sue parole e il premio Tenco mi hanno convinto che questo lavoro potevo farlo».

Suo padre lavorava con Maurizio Costanzo e per il suo show. «Maurizio aveva la capacità di notare tutto, di cogliere anche le cose intime di una persona, quasi mi spaventava. Succedeva quando stava in trasmissione ma pure se andavi con lui in trattoria. Non c’ho mai parlato tanto, aveva sempre da fare con mio padre, però se rivolgeva l’attenzione verso di me individuava subito il problema».

Il suo primo Festival di Sanremo, nel 1995, con "L’uomo col megafono", con Pippo Baudo come direttore artistico. Poi la collaborazione con Camilleri: «Andammo a registrare a casa sua. Uomo generosissimo, piacevole, splendido». Poi anche con Gino Paoli: «Buonasera signor Paoli, sono Daniele Silvestri». E lui: «Chi?».Questa telefonata l’ha incisa ne «la chatta», parodia de «La gatta». Andò così? «Più o meno. Sapeva chi ero: uno dei tantiragazzetti che venivano molto dopo di lui. Non lo conoscevo, dovevo chiedergli il permesso per la sua canzone, mi avevano messo in guardia: “È difficile stanarlo”. Invece è pure venuto in studio per registrare il siparietto e per cantare la sua canzone storpiata. Si è divertito».

Grande tifoso della Roma e papà di tre figli: Pablo, Santiago e Oliver: «Sicuramente, come forse tutti, ho fatto degli errori, non sempre sono stato presente come avrei voluto con loro, ma so di esserlo stato in tanti altri momenti, per fortuna. A volte mi fanno arrabbiare, è normale. Ma ci vogliamo molto bene, credo che i miei figli mi vogliano bene quasi quanto io ne voglio a loro».

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