Belli, il «Sangue blues» del cialtrone del ritmo che balla con le stelle

Milly Carlucci e Paolo Belli a
Milly Carlucci e Paolo Belli a
di Federico Vacalebre
Sabato 23 Novembre 2013, 22:05 - Ultimo agg. 24 Novembre, 10:42
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Etichetta discografica napoletana, la Planet Records di Roberto Ferrante, specializzata soprattutto nel repertorio latinoamericano, per Sangue blues, l’album con cui Paolo Belli torna sul mercato dopo tre anni, spesi soprattutto negli studi televisivi. Con la missione di sempre - impedire a chi lo ascolta di restare fermo - l’ex leader dei Ladri di Biciclette accompagnato dalla sua fedele big band e si scatena tra swing e reggae latino, boogaloo e lindy hop, cover (Vengo anch’io di Jannacci, Un mondo perfetto che traduce Perfect world di Huey Lewis and the News, Senti che rombombom che adatta il superhit Hot hot hot di Arrow, il re della soca, ovvero il soul calypso) e brani originali, da perfetto padrone di casa di Ballando sotto le stelle. Ritmo, fiati in levare, goliardia tra Cotton Club e Blues Brothers de noantri... Sangue blues», insomma, Belli.



«Proprio così: e mi piace che quest’avventura riparta da Napoli, città di Carosone, tra i miei maestri sulla strada dell’ital swing, con Buscaglione, Luttazzi... Senza la lucida follia di Ferrante, che ha fortemente voluto un disco all’antica, dal vivo in studio, con big band, questo album non sarebbe mai uscito. Sarà pure un controsenso, spendere tanto oggi per registrare un cd, ma a me di fare i dischi digitali, magari via Skype, proprio non va».



Ma ha senso, per uno che ormai potrebbe vivere solo di tv, continuare a fare musica, in questi anni in cui la musica non paga più?

«Innanzitutto meglio questo che lavorare: sono un bambino che continua a divertirsi con il suo giocattolo preferito. La tv mi piace, mi ha dato visibilità e possibilità di usare grandi organici, ma il richiamo del fronte del palco è irresistibile e, visto che gli organizzatori di concerti continuano a chiamarci, mi piace anche dire che questa è una piccola impresa, che è vero che sono ventidue anni che non vado a lavorare e che mi pagano per sfrenarmi con il mio hobby preferito, ma è anche vero che con me lavorano decine di musicisti, tecnici, addetti ai lavori... Abbiamo iniziato insieme, ragazzi e scapocchioni, ora ci sono famiglie a cui provvedere, il ”Sangue blues” fa buon sangue e assicura lavoro. In tempi di crisi è ancora più importante».



Il suono guarda al passato, ma non troppo.

«Gli anni Quaranta e Cinquanta sono il paradiso delle big band, certo, ma il nostro orecchio è attento ai giorni nostri. Penso alle cover: ”Vengo anch’hio” è nata in studio, per caso, ci appartiene, poi però l’abbiamo contaminata con qualcosa in stile Cab Calloway, un mash up, dicono quelli che parlano bene».



Paolo Belli entertainer a tutto campo, allora?

«Ma sì, anche se io mi definirei come un cialtrone del ritmo: ho sempre pensato di voler vivere nello showbusiness a 360 gradi: palco, sala di registrazione, studi televisivi, persino i set cinematografici. Ma da cialtrone, ladro di swing, eterno bimbo».
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