David di Donatello, orgoglio napoletano: «Un premio all'identità»

David di Donatello, orgoglio napoletano: «Un premio all'identità»
di Titta Fiore
Venerdì 23 Marzo 2018, 10:06
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Una stagione magnifica. Questi David di Donatello napoletani, vinti dal cinema fatto, pensato e realizzato a Napoli, coronano una stagione magnifica. Si era già notata alla Mostra di Venezia l'eccezionalità non casuale di un exploit creativo e produttivo che l'altra sera ha visto trionfare su Raiuno (a proposito, lo show condotto da Carlo Conti è stato anche primo negli ascolti e trend topic nel dibattito on line) «Ammore e malavita» dei fratelli Manetti, «Gatta Cenerentola» della factory d'animazione Mad, «Napoli velata» di Ozpetek e Renato Carpentieri monumentale protagonista del film che Amelio ha tratto dal romanzo napoletanissimo di Lorenzo Marone, «La tenerezza». Si dirà: un premio è un premio, ma al di là della legittima soddisfazione di chi se lo aggiudica, il segno di una vitalità artistica fortemente radicata e capace di autorigenerarsi che tali riconoscimenti sottolineano resta forte. I film che si sono imposti ai David guidati per la prima volta dal neopresidente e direttore Piera Detassis rappresentano, per il cinema che si fa all'ombra del Vesuvio, la punta dell'iceberg. Un festoso variopinto iceberg di generi e modelli narrativi diversi. Ecco il primo elemento di novità. Insieme con il quartetto dei vincitori la luce di riflettori ha illuminato tutto un comparto artistico e industriale. 
 
Per una volta non si è parlato degli «effetti di Gomorra sulla gente», per dirla con l'ironia calzante di The Jackal, ma della centralità dei linguaggi mediali. Commenta Luciano Stella, operatore culturale di lungo corso, produttore premiato con il David e anima della Mad: «Napoli ha una storia creativa importante e consolidata che non si discute, ora però stiamo assistendo a un rovesciamento dei canoni tradizionali. Per cominciare, è cambiato il rapporto tra centro e periferie: oggi non è più necessario emigrare a Roma per realizzare un progetto, la velocità di connessione con il mondo ci consente, per paradosso, di esaltare la regionalità e in questo contesto la nostra identità non omologata risulta vincente. In più, le nuove tecnologie agevolano lo sviluppo di canoni capaci di narrare storie contemporanee con la massima professionalità e strumenti agili, quindi meno onerosi, sia per il cinema che per la televisione». Nell'entusiasmo della vittoria Marco Manetti azzarda: «La serata dei David segna il ritorno di Napoli come capitale culturale di questo Paese». Che ne dice, Stella? «Napoli si presta alla narrazione perché è una città di forti contraddizioni, molto teatrale, in grado di squadernare una gamma di realtà e di emozioni che altrove non trova paragoni. A Napoli si avverte una grande vivacità culturale e una positiva relazione con il mondo e questo, in altri posti, non c'è». È sufficiente per parlare di rinascita? Antonio Manetti, regista e produttore: «I premi, l'attenzione di critica e pubblico sono un indicatore forte. Noi ci consideriamo operai del cinema, senza alcuna pretesa autoriale, ma mettendo da parte per una volta la dovuta modestia, pensiamo di aver contribuito a questo straordinario fermento. Prima con Song' e Napule, poi con Ammore e malavita, abbiamo voluto dimostrare che un altro cinema è possibile». Non solo criminalità e lati oscuri della vita, ma musica, ironia e canzoni. «Appunto, pluralità di linguaggi. Crime, dramma, commedia, Napoli merita di essere raccontata in tutte le sue facce. E farlo non è difficile, perché la città ha una naturale vocazione all'accoglienza e istituzioni come la Film Commission regionale contribuiscono validamente ad agevolare il lavoro dei cineasti». 

E ora? Dopo i brindisi e l'euforia della vittoria, cosa c'è da fare, se c'è, per consolidare il trend positivo? Per trasformare un fenomeno di successo in un ponte per lo sviluppo? «Io credo non ci sia nulla da consolidare, l'industria culturale napoletana è già molto forte e sa farsi valere in ogni contesto» dice Antonio Manetti. «Certo, un po' di visibilità in più per questi formidabili artisti non guasterebbe, ma a Napoli si lavora facilmente e con grande soddisfazione. Noi, di sicuro, ci torneremo». Intanto, il sindaco de Magistris li ha invitati in città a festeggiare e da oggi «Ammore e malavita» tornerà in sala all'America a grande richiesta. 

Si è subito rimesso al lavoro anche Luciano Stella: il film di Antonio Capuano, «Achille Tarallo», è quasi pronto, quelli di Enrico Iannaccone (con Catherine Spaak e Veruschka, coprodotto dai tedeschi) e di Marco Mario de Notaris (dal romanzo di Lorenzo Marone «La tristezza ha il sonno leggero») sono in fase di scrittura. E prepara un nuovo film di animazione anche Alessandro Rak con tutta la squadra della Mad. Qual è la ricetta per dare continuità all'industria dell'audiovisivo in Campania? «Serve un'attenzione costante della buona politica, essendo l'audiovisivo un asset fondamentale per lo sviluppo, al pari dell'arte e del turismo. Servono il dialogo e il confronto tra produttori e operatori del settore e la possibilità di unire forze e capitali per progetti complessi. Uniti si vince. E se vince uno, vincono tutti».
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