Amarcord Yasmina, la nave
che cambiò volto a Salerno

S’incagliò 20 anni fa dinanzi a Forte La Carnale dove rimase 224 giorni, fu un’icona

La folla accorsa a salutare la nave
La folla accorsa a salutare la nave
di Erminia Pellecchia
Venerdì 3 Febbraio 2023, 17:40 - Ultimo agg. 17:41
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«Una notte di tempesta, a Salerno, è arrivata, inaspettata e meravigliosa, una nave, erede di antichi velieri, misteriosa e intrigante. E così, all’alba, i primi salernitani mattinieri, camminando nei pressi della battigia, hanno scoperto il mostro di metallo, approdato a trenta metri dalla riva, leggermente inclinato sul fianco, come per una ferita...». Ha la suggestione di una fiaba il racconto che l’antropologo Paolo Apolito fa della nave Yasmina spinta quasi a riva, a pochi metri dalla spiaggia di Torrione. È il 4 febbraio del 2003, nella notte c’è stata una terribile bufera, di quelle che non si vedevano da decenni in città, per violenza evoca la mareggiata del dicembre del 1930 che trascinò al largo di Santa Teresa, proveniente chissà da dove, la bella testa dell’Apollo di bronzo. Altro mito, come le spoglie del patrono Matteo rinvenute secoli prima sull’arenile di Casal Velino, dell’immaginario fantastico di una città di mare.

Sono trascorsi vent’anni da quell’approdo da subito leggenda. Proviamo a raccontarlo tra cronaca e sogno, perché, come avverte il fotoreporter Massimo Pica, che appuntò in scatti i 224 giorni della sosta forzata dello scafo arrivato dalla Cina, la memoria è fragile, pochi ricordano l’«apparizione della nave che non ha più voglia di solcare il mare», come Rino Mele definì quel portento che diventerà un evento mediatico e culturale di enormi proporzioni, tant’è che persino Vittorio Sgarbi lanciò l’eccentrica proposta di lasciare la Yasmina nel mare di Salerno come un’opera d’arte. «Quell’arrivo a sorpresa colpì tutti noi, ci fece riappropriare della nostra identità di popolo di mare - dice Pica, autore nel 2004 di una emozionante mostra, accompagnata dalla narrazione di Apolito, sull’imbarcazione incagliata - Di quella data storica è rimasta solo una scia, i ragazzi ignorano totalmente quei lunghi mesi che ci tennero incollati a giornali e tv per seguire il tormentone della nave che non riusciva più a salpare. Mi farebbe piacere esporre di nuovo le fotografie della Yasmina a Salerno, ma ancor di più far conoscere agli studenti la favolosa storia di quando la Yasmina sbarcò sulla spiaggia di Salerno». Coinvolgere le scuole. Lo stesso Mele ideò il 4 marzo del 2003 un convegno all’Università di Salerno e una collettiva di artisti (Mario Carotenuto, Gelsomino D’Ambrosio, Bartolomeo Gatto, Isabella Greco, Loredana Gigliotti, Pino Latronico, Pietro Lista, Franco Longo, Ugo Marano, Antonio Petti, Virginio Quarta, Angelo Michele Risi, Vincenzo Salvia, Paolo Signorino, Domenico Trasi, Sergio Vecchio) alla galleria Il Catalogo, per riflettere su quella realtà urbana nuova e sconcertante, da indagare da molti punti di vista, dalla comunicazione iconica al linguaggio simbolico e retorico, alle implicazioni psicoanalitiche e sociali. «S’era creata una piazza, uno spazio vivo e simbolico in cui i salernitani si riversavano come a liberarsi da un’ansia - ricorda il critico - Era l’antica piazza che quella nave ci donava, con accesi dialoghi politici, sociali, sportivi, eravamo tutti nemici e amici fraternamente insieme. Mi ero reso conto che la presenza di quella parete di metallo che contrastava specularmente La Carnale aveva creato una stanza medicamentosa che avrebbe rafforzato l’identità della città. Allora provocai con una proposta che rasentava l’utopia ma sentivo il bisogno di dire: teniamocela questa nave».

Il golfo era diventato un elegante set surrealista, ammette Corrado De Rosa che nel suo «A Salerno», pubblicato lo scorso anno da Perrone editore, ha dedicato un capitoletto al «gigante di lamiera» dai colori di «un enorme, giurassico modellino Lego» che, «dopo mille tentativi e un canale di centoventi metri scavato sulla sabbia da una draga olandese, ormai armonicamente assorbita nel paesaggio, decide di disincagliarsi».

Per lo psichiatra e scrittore Yasmina, da minaccia e incubo, è diventata un’amica di famiglia, emblema di una comunità, pagina di una storia locale che si innesta in quella nazionale e mondiale.

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