Salerno, l'inchiesta sulla garza dimenticata nel cuore: l’anestesista del team Coscioni risponde al gip

Il medico sospeso dall’incarico era nel team del cardiochirurgo Coscioni: ha chiarito la sua posizione e spiegato la sua funzione

La torre cardiologica del Ruggi
La torre cardiologica del Ruggi
di Angela Trocini
Giovedì 14 Marzo 2024, 06:50 - Ultimo agg. 14:27
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Ha chiarito la sua posizione l’anestesista Pietro Toigo rispondendo a tutte le domande che gli sono state poste nell’interrogatorio di garanzia tenutosi ieri mattina davanti al gip Pietro Indinnimeo del Tribunale di Salerno che la scorsa settimana ha applicato a carico del medico dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona la misura interdittiva del divieto dell’esercizio della professione medica per nove mesi.

Per circa due ore il professionista si è sottoposto all’esame, dimostrandosi collaborativo nello spiegare il ruolo avuto nell’intervento cardiochirurgico che portarono alla morte del paziente Umberto Maddalo nel dicembre 2021 e nel cui corpo fu «dimenticato» un lembo di garza. E, come si legge in uno dei capi d’imputazione, uno dei profili di colpa contestati agli indagati riguarderebbe proprio le modalità con le quali – una volta accertato dall’equipe medica la dimenticanza della garza dopo che il conteggio effettuato in sala operatoria non tornava – fu gestito dagli stessi medici tale evento.

Al termine dell’interrogatorio di garanzia dell’anestesista Toigo, l’avvocato Piero Vitale ha chiesto al gip la revoca della misura interdittiva (il pm si è riservata di esprimere il parere), ma non è escluso che il giudice concluda gli interrogatori degli altri quattro indagati prima di prendere una decisione in merito. Tra oggi e domani, infatti, saranno sentiti anche i cardiochirurghi Gerardo Del Negro (interdetto anche lui dall’attività medica per 9 mesi), Francesco Pirozzi e il chirurgo vascolare Aniello Puca (interdetti per 6 mesi) oltre il primario del dipartimento di cardiochirurgia, Enrico Coscioni, sospeso per un anno, che sarà sentito per ultimo.

Secondo le accuse, che in questi giorni saranno esaminate anche alla luce delle delucidazioni difensive degli indagati, per quanto riguarda il piano pre-operatorio non sarebbe stato convocato il “heart team”, così come prevedono le linee guida di settore, che avrebbe dovuto prevedere le complicanze che potevano svilupparsi durante l’intervento ed orientare il trattamento verso una procedura di cardiologia interventistica piuttosto che verso un intervento cardiochirurgico.

Per quanto riguarda, poi, il profilo strettamente operatorio l’inatteso riscontro di una estesa calcificazione dell’aorta ascendente avrebbe dovuto suggerire all’equipe medica – sempre secondo le linee guida – di sospendere l’intervento. Invece il primario Coscioni e la sua equipe lo completarono, ignorando o sottovalutando i rischi connessi ad una necessaria e significativa manipolazione di un cuore provato da un recente infarto e gravato da una significativa disfunzione. Poi, sempre secondo l’impianto accusatorio, una volta concluso l’intervento di sostituzione valvolare aortica, dopo la chiusura del miocardio, l’equipe aveva dimenticato un lembo di garza di 8 centimetri omettendo di rimuoverlo dal ventricolo sinistro e lasciandolo migrare alla ripartenza dell’attività cardiaca nella biforcazione aorto-illiaca dove fu rinvenuto in sede autoptica. L’equipe, che dal conteggio delle garze si era accorta dell’assenza della stessa, avrebbe dovuto rimuovere immediatamente il lembo di garza effettuando gli accertamenti necessari e possibili per un immediato rinvenimento del lembo di garza smarrito.

Ma non solo non sarebbero stati compiuti, ma sarebbero stati sostituiti da accertamenti inefficaci e gravemente stressanti per il paziente con il trasferimento dello stesso (su decisione del primario Coscioni) dalla sala operatoria alla sala di rianimazione (dove sarebbe deceduto) nonostante il mancato colposo rinvenimento ed estrazione del lembo di garza. Per di più. sempre per l'accusa, non ci sarebbe stata una corretta comunicazione ai medici della rianimazione ai quali non sarebbe stato detto cosa era accaduto in sala operatoria non consentendo a questi ultimi un’adeguata valutazione del paziente ed impedendo qualsiasi intervento con ulteriori e più efficaci esami diagnostici.