Salerno: processo Scarano, reggono le accuse anche in Appello ma i giudici gli scontano un anno e nove mesi

Piccolo scontro di pena in Corte d'Appello di Salerno per l'altro prelato e la sua commercialista: tra novanta giorni le motivazioni

Monsignor Nunzio Scarano
Monsignor Nunzio Scarano
di Angela Trocini
Mercoledì 17 Aprile 2024, 06:05 - Ultimo agg. 12:50
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Sconto in appello per monsignor Nunzio Scarano e la sua commercialista Tiziana Cascone. Rimasta in piedi l’accusa di riciclaggio, i giudici di secondo grado (presidente Patrizia Cappiello) hanno condannato il prelato salernitano (difeso dall’avvocato Riziero Angeletti) a 5 anni e 3 mesi di reclusione e 5mila euro di multa al posto dei 7 anni e 7mila euro di multa inflitti in primo grado e la professionista salernitana (difesa dagli avvocati Carmine Giovine ed Agostino De Caro) a 2 anni e 5 mesi e 3200 euro di multa (in primo grado 3 anni e 6 mesi e 4mila euro di multa) con la revoca - per la Cascone - della pena accessoria inflitta in primo grado (il divieto di svolgere attività pubblica).

Confermata per il resto la sentenza di primo grado, i giudici della Corte di appello di Salerno si sono riservati 90 giorni per depositare la motivazione.

E, quindi, capire se si ricorrerà al terzo grado di giudizio oppure la pena diventerà esecutiva.

LA VICENDA

La vicenda riguardava l’estinzione di un’ipoteca su un appartamento che Scarano (già responsabile dell’ufficio contabilità dell’Aspa, l’amministrazione del patrimonio della sede apostolica) aveva dato in garanzia: secondo le accuse, l’ipoteca sarebbe stata estinta con finte donazioni di terzi e con assegni da 10mila euro rimborsati poi in contanti per coprire un grosso riciclaggio di denaro. In particolare il giro di assegni, passando sotto forma di donazioni, sarebbe rientrato nell’operazione di riciclaggio (limitatamente, come precisarono i giudici della seconda sezione penale, alla somma di due milioni e 400mila euro) in quanto monsignor Scarano sarebbe stato consapevole della provenienza illecita delle somme di denaro percepite. E i due imputati furono i principali protagonisti dell’inchiesta della procura salernitana (pm Elena Guarino) culminata in un maxiprocesso che si concluse con la condanna di Scarano e Cascone e l’assoluzione di tutti gli altri imputati (una cinquantina che avrebbero, probabilmente a loro insaputa, partecipato all’operazione di estinzione dell’ipoteca).

A gennaio scorso il Pg aveva chiesto, ai giudici della Corte di appello di Salerno, la conferma della sentenza di primo grado (marzo 2022) per entrambi gli imputati e poi ci sono state le arringhe degli avvocati difensori sull’insussistenza del reato di riciclaggio.

I giudici di secondo grado, con la sentenza emessa ieri pomeriggio, hanno confermato l’ipotesi accusatoria diminuendo però le condanne: ora bisognerà leggere le motivazioni (tra novanta giorni) per capire il ragionamento sul conteggio delle due condanne oltre all'ipotesi di reato che ha retto anche nel secondo grado di giudizio sebbene le pene inflitte abbiano subito una diminuzione di un anno e un mese per la commercialista Cascone e di un anno e sette mesi per il prelato Scarano. Ricordiamo che l’inchiesta, scattata nel 2013, portò la procura salernitana ad accertare presunte false donazioni provenienti da società offshore degli armatori D’Amico transitate sui conti Ior (l'istituto finanziario del Vaticano per le opere religiose) intestati a Scarano e, secondo la pm Elena Guarino che coordinò l’inchiesta, le donazioni sarebbero servite proprio a coprire un grosso riciclaggio di denaro. Prima di prendere i voti, don Nunzio Scarano era un funzionario di banca e poi, una volta entrato in Vaticano, è stato impiegato nell'ambito immobiliare all'Apsa, ente con migliaia di immobili di pregio e depositi per centinaia di milioni di euro.

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