Giubileo, Francisco il pellegrino Forrest Gump: dodicimila chilometri in 15 mesi

Giubileo, Francisco il pellegrino Forrest Gump: dodicimila chilometri in 15 mesi
di Mauro Evangelisti
Lunedì 14 Dicembre 2015, 20:59 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 21:48
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«Sì, è vero, gli amici mi chiamano Forrest Gump. E se fossi un’automobile, dovrei fare la revisione, perché negli ultimi diciotto anni ho percorso 30 mila chilometri camminando. Ma questo sarà il mio ultimo lungo viaggio a piedi. Ed è stato importante oggi essere in piazza San Pietro». Seguendo i cammini dei pellegrini, in viaggio dall’8 settembre, quando ha iniziato il suo percorso a piedi dal Santuario di Czestochowa; la settimana scorsa è giunto a Viterbo, dove si è unito a sei amici, ha seguito la Via Francigena; ed oggi era in piazza San Pietro all’apertura della Porta Santa. Domani ripartirà, proseguirà fino ad Assisi e poi ancora in Toscana, Liguria, la Francia del Sud, la Spagna e Santiago de Compostela. Finito? No. Perché continuerà a camminare verso nord, addirittura fino in Norvegia, dove conta di arrivare a Natale 2016, per poi concludere di nuovo a Czestochowa. Dodicimila chilometri in quindici mesi. Tutti a piedi.


Lui è Francisco Sancho, è nato 45 anni fa a Barcellona ma abita a Vicenza, la città della sua fidanzata. La sua professione è quella di maitre di ristorante, ma ora dedica gran parte della sua vita ai pellegrinaggi a piedi, ha un sito internet molto ben fatto (www.boanerges.es) in cui racconta le storie dei suoi tanti viaggi a piedi da quando a 28 anni, in una fase di transizione della sua vita, fece per la prima volta il cammino fino a Santiago de Compostela. Ma quindici mesi a piedi per dodicimila chilometri è qualcosa di straordinario anche per lui. Perché questa decisione? «Perché vista la mia età, questo in fondo sarà il mio ultimo lungo pellegrinaggio. Ma ci sono anche altre due ragioni: la prima è il desiderio del ringraziamento per la guarigione di due persone a me care. La seconda è una ricerca di essenzialità, che poi è all’origine di questi cammini. Quando avevo organizzato questo lungo pellegrinaggio, partendo dalla Polonia, ancora non sapevo che il Santo Padre avrebbe proclamato il Giubileo straordinario. Ed ora eccomi qua, questa mattina ero in piazza, con altri pellegrini come me, ospitati nello Spedale della Provvidenza di San Giacomo e San Benedetto Labre. Ma forse l’emozione più forte c’è stata il giorno prima, quando con altri amici che avevo incontrato a Viterbo, siamo finalmente arrivati a San Pietro. Dopo tanti giorni di cammino ci siamo abbracciati, abbiamo pianto. Ma io proseguo, voglio arrivare fino a Trondheim, in Norvegia, la città del santuario di Sant’Olaf, re della Norvegia dal 1015 al 1028, che portò il cristianesimo nel Nord Europa».


Ma perché ha iniziato a camminare, per cento, duecento, trecento chilometri, lungo i percorsi dei pellegrini medievali? Perché non si è ancora fermato? Francisco sorride: «Mi ripeto: c’è la ricerca dell’essenzialità, c’è stata fin dalla prima volta. Non trovavo un senso reale alla mia vita e camminare, per molti giorni, ti aiuta a comprendere meglio, a seguire il ritmo della natura, anche a credere nella provvidenza che poi ti aiuta a superare qualsiasi difficoltà quando sei per strada. Il tempo diventa tuo amico, non tuo nemico. Sì, camminare in fondo è una metafora della tua vita. Sai che devi andare avanti, anche quando sei stanco, come in quei giorni in cui magari non vorresti neppure uscire di casa. Alla fine, quando cammini, non sei mai da solo. Lo sguardo forse è verso il terreno, ma in realtà è come se fosse sempre verticale, in alto».
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