Scienziata napoletana studia ad Aquisgrana i segreti dell’Alzheimer

Un polimero sostituirà i neuroni danneggiati

Francesca Santoro
Francesca Santoro
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 5 Gennaio 2024, 22:52 - Ultimo agg. 7 Gennaio, 09:09
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La medicina e la tecnologia impiantata nel corpo umano vanno a braccetto già da un bel po’. Ora però sembra proprio che la ricerca scientifica abbia fatto un balzo in avanti: è stato sviluppato un biochip che imita la retina dell’occhio. Non è un impianto retinico standard, già usato per ridare la vista a chi l’ha persa, ma si tratta di un materiale intelligente che si comporta esattamente come i nostri occhi e ricorda proprio come fa il nostro cervello. La scoperta è targata Napoli, poiché a capo del gruppo di ricerca c’è la napoletana Francesca Santoro, ricercatrice del Forschungszentrum Jülich e docente dell’Università RWTH di Aquisgrana. Lo studio sul nuovo chip composto da materiale organico conduttivo e sensibile alla luce che, opportunamente stimolato, imita il comportamento della retina ma anche processi di memoria nel cervello, è stato presentato su Nature Communications, e con tale bioelettronica si spera di correggere i malfunzionamenti nel corpo e nel cervello.

Il nuovo chip potrebbe aiutare gli impianti retinici a fondersi ancora meglio con il corpo umano in futuro. Si basa su polimeri conduttivi e molecole sensibili alla luce che possono essere utilizzate per imitare la retina, complete di percorsi visivi. «Il nostro semiconduttore organico riconosce quanta luce cade su di esso, qualcosa di simile a ciò che accade nei nostri occhi.

La quantità di luce che colpisce i singoli fotorecettori alla fine crea l’immagine nel cervello» spiega Santoro. Ciò che è rende eccezionale il nuovo semiconduttore è il fatto che è costituito interamente da componenti organici non tossici, è flessibile e funziona con gli ioni, cioè con atomi o molecole caricati.

Può quindi essere integrato in sistemi biologici molto meglio dei componenti a semiconduttore convenzionali in silicio, che sono rigidi e funzionano solo con gli elettroni. «Le nostre cellule del corpo usano specificamente gli ioni per controllare determinati processi e scambiare informazioni» aggiunge Santoro «Il materiale è stato sintetizzato e poi caratterizzato: siamo stati in grado di dimostrare che le proprietà tipiche della retina possono essere imitate con esso». 

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I ricercatori stanno già pensando a un’altra possibile applicazione: il chip potrebbe anche funzionare come una connessione artificiale poiché l’irradiazione della luce cambia la conduttività del polimero che viene utilizzato a breve e lungo termine. Le connessioni reali funzionano in modo simile: trasmettendo segnali elettrici, cambiano dimensioni ed efficienza, per esempio, che è la base per l’apprendimento del nostro cervello e la capacità di memoria. Oltre alla retina artificiale, il team sta sviluppando altri approcci per i chip bioelettronici che possono interagire in modo simile con il corpo umano, in particolare le cellule del sistema nervoso e ci si augura che un giorno saranno in grado di utilizzare i loro componenti per intervenire attivamente nei percorsi di comunicazione delle cellule, ad esempio, correggere gli errori nell’elaborazione e nella trasmissione delle informazioni che si verificano in malattie neurodegenerative come il Parkinson o il morbo di Alzheimer, o di sostenere gli organi che non funzionano più correttamente. Inoltre, tali componenti potrebbero anche fungere da interfaccia tra arti o articolazioni artificiali.

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