Le malattie invisibili delle donne: ecco l’impatto di adenomiosi, endometriosi e vulvodinia

Intervista a Luigi Fasolino, ginecologo ed esperto che diffonde le sue conoscenze anche su TikTok e Instagram

L’impatto di adenomiosi, endometriosi e vulvodinia sulla vita delle giovani donne
L’impatto di adenomiosi, endometriosi e vulvodinia sulla vita delle giovani donne
di Giorgia Verna
Lunedì 20 Febbraio 2023, 12:45 - Ultimo agg. 19:01
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«Adenomiosi, endometriosi e vulvodinia vengono classificate come le così dette malattie invisibili. Invisibili non perché non le vediamo, ma perché è molto difficile diagnosticarle visto anche l’alto numero di sintomi con cui si presentano». Spiega così il dottor Luigi Fasolino, ginecologo ed esperto che diffonde le sue conoscenze anche su TikTok e Instagram con pagine da milioni di followers

Sarà capitato di sentir parlare di queste malattie soprattutto perché sono sempre più al centro del dibattito sociale e politico, anche per quanto riguarda la questione di andare ad annoverare questo tipo di malattie nel registro delle patologie invalidanti. Questo tipo di malattie provocano grandi difficoltà alle donne nel portare avanti la vita di tutti i giorni «infatti oltre ad essere invisibili le definirei malattie sociali perché vanno a influenzare la quotidianità di una paziente e le sue relazioni sociali».

I sintomi delle malattie invisibili

Endometriosi e adenomiosi riguardano un’infiammazione ciclica e cronica e sono patologie che si presentano con un dolore mestruale e mestruazioni che possono essere invalidanti e dolorose.

«Non solo. La sintomatologia può presentarsi anche tra una mestruazione e l’altra, dovuta al dolore pelvico che diventa ricorrente e può diventare cronico. Può esserci dolore alla defecazione, alla minzione, ai rapporti sessuali. Capirete bene che questo corteo di sintomi può influenzare la capacità di vita di una donna, i suoi rapporti sessuali, il suo lavoro e la vita con i coetanei e coetanee».

La vulvodinia va intesa come una sorta di dolore spontaneo a livello della zona vulvare e vaginale che comporta problemi nella vita di tutti i giorni e in quella sessuale. Può portare alla persistenza di dolore e bruciore a livello vulvare e vaginale e possono dar fastidio gli indumenti, l’intimo, addirittura il tocco leggero delle lenzuola.

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La difficoltà nel riconoscere questo tipo di patologie non è data solo dall’assenza di segni e sintomi evidenti, ma questa loro invisibilità è determinata anche a livello culturale. «Si è sempre pensato che per le donne fosse normale provare dolore durante il ciclo mestruale. Una mestruazione può essere sì caratterizzata da un po’ di contrattilità uterina, ma quando questa condizione diviene invalidante non è più fisiologico, ma patologico».

Come riconoscere queste patologie?

Una vera teoria di comparsa per questo tipo di malattie ancora non c’è. La componente genetica sta prendendo sempre più piede, ma non è l’unica teoria da prendere in considerazione. Non sempre la presenza di queste patologie può essere confermata con una sola visita. Soprattutto per adenomiosi e endometriosi non è detto che la proporzione del sintomo corrisponda alla portata della patologia. Ci sono donne che presentano quadri di endometriosi ben estesa, ma non rappresentano sintomi o la loro vita non è intaccata da questa patologia.

«Oggi la certezza visiva della patologia nell’addome viene data con la chirurgia, ma sarebbe impensabile sottoporre tutte le pazienti che presentano i sintomi a questo tipo di operazione, ad una chirurgia per avere una diagnosi».

Alcuni paesi hanno già introdotto il congedo mestruale per permettere di tutelare questo tipo di patologie. «Questi paesi non hanno la certezza che tutte le donne con mestruazione abbiano questo tipo di patologie, ma è un’accortezza verso le donne, stante l’invisibilità di queste patologie e considerando che al mondo più donne di quante pensiamo ne soffrono.

I dati ci dicono 3 milioni di donne in Italia, ci dicono 1 donna su 10 è affetta, ci dicono circa 175 milioni di donne affette nel mondo. Saranno numeri a rialzo nei prossimi anni e non è un parere personale».

Perché è importante la divulgazione anche sui social

«Un paio di anni fa è iniziata la nostra attività sui social. Il razionale non è stato altro che la divulgazione scientifica e l’informazione. Il risultato che ne abbiamo ottenuto è una paziente correttamente informata e questo porta ad una paziente tranquilla».

Il profilo del dottor Fasolino, diretto dal suo team, ha 102 mila followers su Instagram. Il dottore produce diversi contenuti per sfatare miti su questo tipo di patologie, ma anche per consigliare le giovani madri che si apprestano al parto.

«Accade ogni giorno di ricevere messaggi sia di utenti che mi ringraziano per alcuni video con cui sono arrivati più preparati in sala parto, ma anche di pazienti che si appellano a me per chiedere consiglio. Mi vengono sottoposti casi clinici chilometri sui social, ma è scorretto consigliare in quella sede perché non ho tutte le informazioni a disposizione e quindi sì i social sono uno strumento utile di divulgazione, ma non devono sostituire lo strumento diagnostico: i social non sono uno strumento per ricevere assistenza in tempo reale».

Il dottor Fasolino e il suo team fanno divulgazione anche nelle scuole per cercare di abbattere il ritardo diagnostico che in media è stimato a 10 anni. «Un controllo precoce porta ad una diagnosi precoce. Se la media è 10 anni significa che avviene anche in 20 e una donna o adolescente lasciata per 20 anni senza diagnosi con dolori di quel tipo è una donna la cui qualità di vita è totalmente inficiata».

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