Rosaria, morta a 22 anni per dimagrire: quanti rischi dal chirurgo

Rosaria, morta a 22 anni per dimagrire: quanti rischi dal chirurgo
di Ettore Mautone
Domenica 10 Giugno 2018, 09:00 - Ultimo agg. 21:38
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Sradicata dalla vita a soli 22 anni per dimagrire e per vincere una grave obesità: è ancora sotto choc la comunità di Sala Consilina a seguito della morte della studentessa che, alcuni giorni fa, si era sottoposta ad un intervento chirurgico presso il vicino ospedale Curteri. «Vogliamo giustizia e risposte. Siamo abbattutati, arrabbiati, distrutti. Vogliamo la verità dalla Magistratura. Si indaghi a 360 gradi su questa vicenda», dicono i genitori di Rosaria Lobascio, deceduta nell'ospedale di Mercato San Severino. Intanto è bene sottolineare che si tratta di un intervento di chirurgia bariatrica, ossia un'operazione che modifica l'anatomia dello stomaco o dell'intestino per ridurre l'assorbimento del cibo e indurre subito sazietà. Un intervento nel novero di quelli indicati nelle grandi obesità e che consente di perdere decine e decine di chili nell'arco di alcuni mesi. «È una tragedia difficile da commentare avverte Emilio Manno, responsabile della Chirurgia bariatrica presso l'unità di Chirurgia generale del Cardarelli, uno specialista che ha all'attivo oltre 2 mila interventi di questo tipo in 7 anni - non conosco il caso ma ho letto le cronache. Una ragazza purtroppo giovanissima. Posso solo dire che l'operatore di quell'ospedale è degno di fiducia, ha esperienza in questo campo ed è attivo nell'ambito della Società scientifica italiana di Chirurgia. La chirurgia bariatrica è impegnativa non esente da rischi di complicanze anche gravi e sebbene statisticamente sconti una mortalità inferiore a quella dell'appendicite acuta registra eventi avversi a esito infausto non trascurabili. Nel caso specifico il tipo di intervento eseguito, una gastrectomia verticale (che elimina gran parte dello stomaco) può comportare una perforazione lungo la linea di sutura, la perdita di succhi gastrici e una sepsi. Ovviamente è solo un'ipotesi formulata in base alla mia personale esperienza».
 
Una chirurgia, insomma, quella per l'obesità, non per tutti, sia dal punto di vista del paziente sia del chirurgo e che presuppone grande preparazione. Ad alto impatto tecnico ed elevata difficoltà. Tecniche non semplici da eseguire che impegnano l'équipe operatoria anche durante la convalescenza. I protocolli della società italiana di chirurgia dell'obesità dicono che il paziente va indirizzato all'intervento quando un percorso di restrizione dietetica condotto da un nutrizionista non sia andato a buon fine e vi sia un indice di massa corporea (calcolato nel rapporto tra peso e il quadrato dell'altezza in centimetri) superiore a 40 o, in presenza di patologie importanti, 35. In particolare ipertensione, diabete, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia, apnee notturne. Per qualunque valore di massa corporea aggiunge Manno una circonferenza addominale superiore di 5 centimetri rispetto aumenta il rischio cardiovascolare del 17% negli uomini e del 13% nelle donne.

Quel che è certo è che l'obesità è una vera malattia sociale che ha un impatto anche sul Pil in termini di giornate perse di lavoro perse. Tant'è che molti servizi sanitari in Europa obbligano all'intervento. In Francia di contano 4050mila operazioni all'anno, in Italia non si arriva a 18 mila. Eppure il nostro paese e la Campania in particolare scontano un'alta incidenza di obesità nella popolazione e in particolare nella fascia di età infantile.

Nel nostro paese gli obesi sono circa 6.000.000, il 10% della popolazione. Un numero elevato, che ci pone tra le nazioni con il maggior numero di persone che supera di almeno il 40% il proprio peso ideale. Si tratta di una condizione pericolosa per la salute, che va affrontata con soluzioni efficaci e durature. Un obeso, infatti, ha un'aspettativa di vita inferiore di 10 anni rispetto a quella di un coetaneo con peso normale. E quando si devono perdere 40/50 chili, a volte dieta, esercizio fisico, psicoterapia e farmaci non bastano. In Campania il sovrappeso sfiora il 50% e gli obesi arrivano al 18% mentre i casi di obesità infantile hanno un picco del 23% con particolari punte nell'hinterland napoletano.

«L'obesità è un fenomeno culturale e sociale oltre che sanitario che si annoda a doppio filo con il disagio, la povertà e la deprivazione economica.

Una conseguenza della scarsa propensione dei giovani allo sport attivo, della insufficiente conoscenza del valore nutrizionale dei cibi e dell'eccessivo consumo di cibi spazzatura, come patatine, fast food, dolciumi, merendine e bevande zuccherate, a danno della Dieta mediterranea». Così Fiorella De Pascale biologa esperta in nutrizione umana che ha collaborato con alcuni pediatri napoletani alla realizzazione di un percorso alimentare, presentato all'Expo di Milano e autrice insieme al medico Francesco Turrà di un vademecum per le donne in gravidanza (mangiar sano con la dieta mediterranea in gravidanza e allattamento).

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