Wagner, domande e risposte su Prigozhin: perché ha tentato il golpe? L'ambasciatore Terracciano: «Ora rischia di essere ucciso»

L’analisi in otto punti sul colpo di stato fallito: «Putin vorrà saldare il conto. Referendum per la Crimea»

Prigozhin, l'ambasciatore Pasquale Terracciano: «Errore fatale, adesso rischia di essere ucciso» Domande & risposte
Prigozhin, l'ambasciatore Pasquale Terracciano: «Errore fatale, adesso rischia di essere ucciso» Domande & risposte
di Marco Ventura
Domenica 25 Giugno 2023, 21:47 - Ultimo agg. 28 Giugno, 13:29
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Putin non crollerà subito, ci vorrà del tempo, ma intanto ha dimostrato di non essere inattaccabile. Lo ha sfidato Prigozhin, anche se il fondatore e capo dei mercenari Wagner sperava davvero di arrivare a Mosca partendo da Rostov sul Don, e magari sulla strada trascinare con sé anche una parte delle forze armate e qualche oligarca insoddisfatto dello Zar. La guerra in Ucraina continuerà fin quando non si arriverà a una situazione “coreana”, il congelamento dello status quo lungo una linea di contatto che rischia di restare a lungo un confine di fatto e un potenziale focolaio di conflitti nel cuore dell’Europa. Questa l’analisi di Pasquale Terracciano, che a Mosca è stato l’ambasciatore d’Italia per quattro anni, dal 2018 al 2021, e prima lo era stato a Londra e a Madrid.

Ma soprattutto, secondo Terracciano, c’è in questa fase della storia russa «Un elemento d’irrazionalità che complica le previsioni. Lo stesso che ha indotto Putin a compiere l’errore per lui fatale di invadere l’Ucraina il 24 febbraio dell’anno scorso, e Prigozhin a fare la marcia su Mosca per poi ritrovarsi in esilio, e in pericolo di vita, a Minsk, in Bielorussia».

Putin ha dalla sua, ancora, l’opinione pubblica della Russia profonda.

Potrebbe nelle prossime settimane o mesi silurare i generali che il suo ex chef, Prigozhin, voleva defenestrare dalla guida della “operazione speciale” in Ucraina. Quanto agli ucraini, saranno loro a decidere quando e come avviare un negoziato, ma sarebbe saggio che «adottassero soluzioni creative» per ripartire senza lo spettro incombente di una guerra infinita. Per esempio, proponendo un referendum in Crimea, che consegnerebbe probabilmente la penisola a Mosca ma darebbe in cambio pace, libertà, sovranità, e la possibilità per Kiev di entrare nell’Ue e nella Nato.

Pasquale Terracciano

Cosa voleva ottenere Prigozhin?

L’obiettivo minimo era quello di conservare il potere costruito in questi anni e mesi di guerra in Ucraina. Era stato messo all’angolo da un decreto per arruolare i mercenari di Wagner nelle forze regolari. Lui aveva alzato sempre di più la polemica contro i vertici militari e aveva cominciato pure a criticare, anche se non espressamente, il Cremlino. Irrazionalmente, a quel punto, ha deciso di marciare su Mosca sperando di catalizzare una forma di ribellione nei ranghi delle forze armate e tra gli oligarchi. Ma il massimo che ha ottenuto è stato un atteggiamento passivo, e non gli è rimasto che trattare il ritiro.

Cosa farà ora il capo della Wagner?

Cercherà di farsi perdonare preparando un attacco dal nord all’Ucraina, ma ricordo quando Putin disse che era capace di perdonare tutto, tranne il tradimento. Prigozhin potrà servire ancora coi suoi mercenari in Africa o Siria. Ma Putin, che non reagisce subito, prima o poi vorrà saldare il conto. Prigozhin potrebbe cadere da un quinto piano, mangiare cibo avariato… Chi deve capire capirà. Lukashenko invece, da pedina esce alfiere. Una volta il portavoce di Putin, Peskov, mi disse che stavano pensando a come sostituirlo, perché si era reso impopolare. Oggi, Lukashenko è un alleato fondamentale di Putin.

Putin in che modo ne esce?

Chiaramente indebolito. È venuta meno la sua aura non di invincibilità, perché nello scontro ha vinto, ma di inattaccabilità: prima non era neanche ipotizzabile che qualcuno si ribellasse alla sua autorità, invece è successo. Si è aperta una prima crepa nel sistema verticale del potere russo. Però la forza di Putin rimane considerevole, nessuno ha osato sfidarlo unendosi a Prigozhin. Nella Russia profonda mantiene il consenso. A Mosca e a San Pietroburgo, chi ha accesso a Internet ha capito che la Russia sta peggio dopo l’invasione dell’Ucraina nella sicurezza, nell’economia, nel prestigio internazionale, nel rapporto con la Cina.

È l’inizio della fine per lo Zar?

Non siamo alla vigilia di un crollo del sistema putiniano. La sua fine è cominciata il 24 febbraio 2022. L’errore fatale è stato invadere l’Ucraina. Una decisione irrazionale che scontenta una buona base del suo potere e fa pensare ai suoi a un futuro senza di lui. Putin non è un autocrate che trae la forza da se stesso, il suo potere è una piramide che ha la base nei siloviki, figli del Kgb come lui che hanno preso via via il controllo dell’economia a scapito degli oligarchi più aperti. Tra di loro non c’è in questo momento un successore naturale. Manca un leader. Medvedev stesso è disprezzato dai siloviki.

La rivolta è stata una sorpresa?

L’intelligence occidentale sicuramente avrà captato l’insoddisfazione di Prigozhin e strani movimenti all’interno di Wagner, ma che questo poi si traducesse in un’inversione di rotta dei carri armati che dall’Ucraina dove avevano combattuto hanno puntato su Rostov sul Don e verso Mosca, a mio parere è stata una decisione così avventata e irrazionale di Prigozhin, che in questi termini non era prevedibile. Si poteva immaginare un’azione dimostrativa, una qualche forma di attrito e conflitto, ma non la marcia su Mosca. In questa fase della storia russa, domina l’elemento irrazionale.

Che ne sarà del ministro Shoigu? 

Anche in questo caso, Putin non reagirà subito. Lui mantiene la calma anche quando tutto è andato storto. Dà un’immagine di sicurezza. Se ora cambiasse i vertici militari, apparirebbe debole. Dimostrerebbe che c’era bisogno della marcia di Wagner per sostituirli. Ma è scontento di come hanno gestito la guerra, quindi è possibile che tra qualche mese davvero li cambi, e che lo abbia prospettato anche nella trattativa con Prigozhin. Ma deve procedere con prudenza, perché Shoigu è uno dei siloviki, decapitarlo potrebbe essere destabilizzante, potrebbe agitare gli altri siloviki.

Quali effetti sulla guerra in Ucraina? 

L’effetto psicologico è considerevole, il fatto che siano emerse divisioni sul fronte interno, non può che peggiorare un morale già non alto nelle truppe russe e migliorare quello già alto degli ucraini. Non vedo però conseguenze dirette sulle operazioni militari. Prima o poi si arriverà a un congelamento delle posizioni e bisognerà pensare al dopo. La pace dovrà avere il pieno consenso dell’Ucraina. Penso che Kiev potrebbe proporre qualcosa di innovativo, come un referendum in Crimea. E bisognerebbe resuscitare lo spirito di Pratica di Mare, perché bisognerà gestire il rapporto con la Russia.

È aumentato il pericolo nucleare?

Il rischio degli arsenali atomici è reale. La marcia su Mosca di Prigozhin ricorda il cospirazionismo nazionalista pro-guerra del generale Boulanger in Francia. E penso alle parole di un altro francese, il presidente Poincaré, sull’Alsazia e Lorena: non bisogna parlarne, ma pensarci sempre. Come per le armi nucleari. Vanno tenuti oliati i meccanismi di consultazione e contromisure possibili, ma evitando di parlarne troppo. Stare in allerta, perché la situazione è esplosiva e un incidente può sempre accadere, ma senza allarmare l’opinione pubblica o creare le condizioni retoriche di una profezia che si auto-avveri.

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