Rigopiano, la sentenza d'appello: tre condanne in più tra cui l'ex prefetto. Confermate 22 assoluzioni. Cosa è successo

I familiari delle vittime nell’aula del tribunale dell’Aquila
I familiari delle vittime nell’aula del tribunale dell’Aquila
di Stefano Dascoli
Mercoledì 14 Febbraio 2024, 16:03 - Ultimo agg. 18 Febbraio, 07:01
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Un anno e otto mesi all’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, un anno e quattro mesi al suo ex capo di Gabinetto, Leonardo Bianco; il coinvolgimento del tecnico del Comune di Farindola, Enrico Colangeli, a cui il giudice ha inflitto due anni e otto mesi. Tutti e tre erano stati assolti in primo grado. Sono gli elementi di novità della sentenza d’Appello, pronunciata ieri all’Aquila a porte chiuse dopo una camera di consiglio di circa cinque ore, sulla tragedia del resort di Rigopiano, cancellato da una valanga il 18 gennaio del 2017, giorno di scosse di terremoto e nevicate tremende, uccidendo 29 persone, con 11 miracolosamente scampate. 
 

 

 

Per il resto il verdetto del tribunale di Pescara viene confermato.

E dunque “resistono” le condanne per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi) e per i funzionari del servizio strade della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, 3 anni e 4 mesi a testa. E anche quelle, marginali, per Bruno Di Tommaso, l’ex gestore del resort e Giuseppe Gatto: prescritta, per entrambi, l’accusa di falso in una relazione tecnica, la pena è stata ridotta da sei mesi a cinque mesi e dieci giorni. Confermate le 22 assoluzioni. 


LO SCENARIO
La rabbia dei familiari, sfociata nelle tensioni del 23 febbraio scorso all’interno del tribunale di Pescara, ha lasciato spazio alla delusione per un verdetto, firmato dal Collegio presieduto da Aldo Manfredi, che mantiene pressoché inalterato lo scenario delle responsabilità giudiziarie delle catastrofe, tenendo fuori tutti i livelli politici e la dirigenza della Regione che per oltre vent’anni si sono rimpallati la redazione della carta del pericolo valanghe. Il coinvolgimento dell’ex prefetto Provolo è certamente l’elemento di maggiore impatto mediatico: la condanna riguarda i reati di rifiuto di atti di ufficio e falsità ideologica in atto pubblico per la nota firmata il 17 gennaio 2017 con cui, differentemente dalla realtà dei fatti, aveva comunicato alla Presidenza del Consiglio e al Ministero degli Interni l’attivazione della sala operativa della Prefettura e il Centro di Coordinamento soccorsi, cosa avvenuta solo il 18 gennaio alle 13. Il presidente della Corte, Manfredi, ha chiarito, per Provolo, che comunque «non è ravvisabile il nesso di causalità» tra le condotte incriminate e la tragedia. 

Tesi confermata anche dal legale, Gian Domenico Caiazza: «Anche per i giudici di Appello il prefetto non ha alcuna responsabilità né per la tragica morte o per le gravi lesioni in danno degli ospiti, né per la infamante accusa di depistaggio delle successive indagini. Provolo è stato ritenuto responsabile per fatti del tutto privi di rilevanza in ordine alla tragedia». In questo ambito va letta anche la condanna di Leonardo Bianco, a un anno e 4 mesi, stavolta per la comunicazione del 16 gennaio 2017 con cui era stata falsamente attestata l’attivazione della sala operativa provinciale di Protezione civile e del Centro Coordinamento soccorsi. L’altro elemento di novità riguarda la posizione del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Farindola, Enrico Colangeli, a cui sono stati inflitti 2 anni e 8 mesi per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime, in «cooperazione colposa» con il sindaco Lacchetta. Per comprendere gli scenari che si aprono bisognerà attendere le motivazioni della sentenza che saranno depositate il 10 maggio.

LE VALANGHE

Il capo di imputazione contestato mette nel mirino una serie di condotte, dalla mancata convocazione della commissione comunale valanghe ai via libera tecnico e urbanistico per l’ampliamento del resort con il centro benessere in una zona storicamente teatro di valanghe, fino alla mancata ordinanza di sgombero della struttura a causa della grave situazione di maltempo. Per quest’ultima circostanza, in particolare, Colangeli non avrebbe fatto nulla affinché il sindaco emanasse i necessari provvedimenti. Come detto restano in piedi le altre condanne: il sindaco Lacchetta come autorità locale di Protezione civile, «unico consapevole del rischio valanghe e del forte innevamento della zona» e i dirigenti del servizio strade della Provincia, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il mancato sgombero della coltre bianca sulla via che collega Farindola a Rigopiano. A entrambi, però, è stata revocata l’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Resta impressa la telefonata con cui viene ignorata la richiesta del direttore dell’albergo, che chiedeva uno spazzaneve per liberare la strada: «Non deve rompere, digli che deve stare calmo». Il giudice ha anche stabilito il pagamento di provvisionali immediatamente esecutive per oltre 1,5 milioni di euro. La sentenza conferma l’impianto del verdetto di primo grado che ha demolito l’ipotesi più grave del disastro colposo e individuato nei livelli di Comune e Provincia i responsabilità dell’enorme carico di morte. Il processo approderà in Cassazione, con i familiari delle vittime che già annunciano battaglia.

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