Ferruccio Casamonica, morto in carcere a Lecce il boss della Romanina: era stato condannato a 25 anni per mafia

Il suo legale, l'avvocato Antonio Filardi, aveva chiesto ad ottobre la custodia ai domiciliari date le condizioni di salute del 73enne

Ferruccio Casamonica, morto in carcere a Lecce il boss della Romanina: era stato condannato a 25 anni per mafia
di Valeria Di Corrado
Mercoledì 13 Marzo 2024, 10:42 - Ultimo agg. 17:09
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È morto ieri nella casa circondariale di Lecce Ferruccio Casamonica, considerato al vertice del clan che aveva la sua base logistica alla Romanina e condannato lo scorso 29 dicembre dal tribunale capitolino a 25 anni di reclusione per associazione mafiosa nel processo "Noi proteggiamo Roma" e imparentato con Vittorio Casamonica, del famoso funerale in stile padrino. La procura ha disposto l'autopsia. Il suo legale, l'avvocato Antonio Filardi, aveva chiesto ad ottobre la custodia ai domiciliari date le condizioni di salute del 73enne, diabetico e affetto da una demenza senile. Ma il magistrato di sorveglianza di Lecce lo scorso 26 gennaio aveva risposto che "le pur precarie condizioni di salute del condannato, peraltro sufficientemente gestite in ambito inframurario, non possono comunque giustificare la sua scarcerazione", considerata la sua "caratura criminale" e "l'indubbio e grave rischio di condotte criminose di notevole allarme sociale".

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Il carcere

Domani era stata fissata l’udienza al tribunale di sorveglianza di Lecce per decidere in via definitiva la richiesta di domiciliari presentata dal suo difensore.

Ferruccio era finito in carcere a maggio del 2019 per una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere finalizzata all'usura e poi a giugno del 2020 era stato colpito dell'ordinanza di custodia cautelare della Dda di Roma, insieme alla moglie Gelsomina Di Silvio, al figlio Raffaele e ad altre 17 persone, 416bis finalizzato all'estorsione, all'usura e all'intestazione fittizia di beni. Nelle intercettazioni depositate agli atti, Ferruccio si esprimeva così nei confronti di un usurato: «Senti, mo scenno... lo sai dove te butto io a te? Mo te darei 'na bastonata in testa, te spaccherei la testa! Le mascelle te romperebbi io!».

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