A 15 anni da Ground Zero la Campania impari dagli Usa come si reagisce con la memoria

di Salvatore Buglione
Lunedì 19 Settembre 2016, 13:06
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Sono passati 15 anni dall'evento che ha segnato il corso della storia nel Terzo Millennio. L'attentato alle Torri Gemelle di New York ha rappresentato la drammatica dimostrazione di come il terrorismo fosse diventato pervasivo all'interno del mondo occidentale, al punto da distruggerne uno dei luoghi simbolo. Circa 3000 persone persero la vita. L'11 settembre 2001 divenne chiaro che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Che la sua percezione, in termini di sicurezza e difesa, da parte dei cittadini, non sarebbe stata più la stessa. Che l'attività dei mezzi di informazione non sarebbe stata, naturalmente, sotto certi aspetti, più la stessa.

Oggi che il terrorismo islamista è tornato prepotentemente alla ribalta, è giusto interrogarsi, proprio in occasione della ricorrenza che celebriamo, su quale possa essere il ruolo dell'informazione rispetto al racconto dei fatti. E su cosa significhi ricordare. E' inevitabile, nel contesto territoriale in cui ci troviamo, far riferimento ad un'altra fondamentale battaglia che stiamo combattendo, quella contro la criminalità organizzata e tutte le forme di violenza che colpiscono Casal di Principe, Terra di Lavoro, la Campania, l'Italia. Perché anch'essa si nutre degli strumenti che mirano ad incutere terrore: attentati e “stese” di camorra, azioni finalizzate a dimostrare che nessuno può dirsi al sicuro. Dai dati del Centro Studi della Fondazione Polis emerge che in Campania 360 sono gli innocenti uccisi dalla violenza criminale dal 1909 ad oggi. Anche questa è una guerra. Drammatica. Inspiegabile. Che sottrae all’esistenza chiunque. Chi sta semplicemente svolgendo il proprio mestiere, opponendosi al crimine con passione ed impegno. Madri. Padri. Giovani. Bambini. Giornalisti. Sacerdoti. Come a New York 15 anni fa. Come in Francia pochi mesi fa.

Sembra quasi di trovare un filo sottile di violenza che lega, nel corso degli anni, la banalità del male di cui parlava Hannah Arendt - a proposito delle stragi naziste nel libro dedicato al processo Eichmann - alla banalità del terrore di matrice jihadista e alla banalità delle mafie. Il rischio che si corre è di banalizzare ulteriormente il male attraverso la sua spettacolarizzazione. Come Fondazione che si occupa di vittime innocenti della criminalità e di riuso dei beni confiscati, ci siamo posti anni fa il problema di quale tono narrativo utilizzare per affrontare tematiche così delicate e complesse. Non abbiamo avuto dubbi. Occorreva, e occorre tuttora, raccontare anche l'altra faccia della medaglia. Quella del bene. Quella dei familiari delle vittime innocenti della criminalità. Quella delle associazioni e delle cooperative che restituiscono alla collettività i beni confiscati alla camorra. Quella di chi è in prima linea a difesa della legalità. La risposta migliore sta nel ricordare. Non solo i fatti accaduti. Ma anche e soprattutto le tante vite che rischiano l’oblio nell’enormità delle tragedie che le hanno colpite. Storie minime da ripagare, come cantava Guccini.

Ma ricordare le storie delle vittime del terrore e delle mafie non basta. E’ necessario che tale ricordo, da atto individuale, divenga condiviso. In una parola, diventi memoria.

In tal senso, Casal di Principe e Caserta assumono una funzione significativa. Le buone prassi di riuso dei beni confiscati alla camorra adottate in questo territorio, anche grazie al prezioso lavoro del consorzio Agrorinasce, sono la risposta più efficace e concreta contro le mafie. Centri di accoglienza per donne maltrattate, strutture per bambini autistici, asili nido, prodotti coltivati sui terreni confiscati attraverso il reinserimento nel tessuto socio – lavorativo delle persone affette da disabilità, associazioni antiracket sono esempi dello straordinario connubio tra valore simbolico ed efficacia sostanziale del riuso di questi stessi beni. Sono l'espressione di un'economia legale e solidale, che si contrappone, senza soluzione di continuità, alle pratiche estorsive e alla pervasività, nel tessuto produttivo, dell'economia criminale. Sono la dimostrazione che è possibile raccontare anche un'altra Campania, che non si arrende al male e al terrore della camorra. Una Campania che reagisce. Come hanno reagito gli Stati Uniti dopo l’attentato di New York. Come deve reagire l’Europa colpita al cuore in questi ultimi tempi.

Ricordare l’11 settembre 2001 significa innanzitutto far memoria di tutte le vittime colpite da quell’immane tragedia. Raccontare le loro storie. Le loro passioni. Con i loro volti. I loro sorrisi. Perché ognuna di esse rappresentava un pezzo della nostra civiltà.

Come i 360 innocenti della nostra terra uccisi dalle mafie, dal terrorismo e da ogni forma di criminalità. A tutti loro abbiamo dedicato un progetto. Si intitola #NONINVANO. E' una mostra di foto delle nostre vittime. Sono volti sorridenti, che inneggiano alla vita. I loro sorrisi rappresentano il senso della sopravvivenza dei loro familiari e del loro impegno sociale. Della loro capacità di testimonianza nelle scuole, negli istituti penitenziari minorili, nelle piazze. Sono essi stessi la dimostrazione che il loro sacrificio non è stato vano. Sono affissi proprio a Casal di Principe, a Casa Don Diana. Oggi, ricordando l'11 settembre e una delle più drammatiche stragi della nostra storia recente, vogliamo contrapporre alla banalità del male, del terrore e delle mafie la profondità e la semplicità del bene che quei volti esprimono. E lo vogliamo fare qui. Nella terra di Don Peppino Diana. Un martire del male che continua a vivere nella memoria del suo popolo. Come le 3000 vittime dell’attentato di New York di 15 anni fa.

* Responsabile Comunicazione Fondazione Polis
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