Trenta artisti da ogni parte del globo dialogano a Napoli sul tema de l’Altro e l’Alterità: curata da Demetrio Paparone, ha inaugurato da poco più di 24 ore il progetto site-specific iniziato nel 2022 alla Fondazione Made in Cloister, diretta in centro storico da Rosalba Impronta e Davide de Blasio.
Il nuovo capitolo della biennale d’arte al chiostro di piazza Enrico De Nicola s’intitola «InterAction Napoli 2024: the other and otherness» ed è esibita fino a fine settembre tra il Made in Cloister e l’intero distretto di Porta Capuana, presso alcuni luoghi storici, non istituzionalmente dedicati all’arte contemporanea: il Parco di Re Ladislao con un installazione dell’artista peruviana Ximena Garrido-Lecca, il chiostro del Liceo Artistico di Napoli con l’artista cinese Liu Jianhua e il cortile dell’Hotel Palazzo Caracciolo con Daniele Galliano.
Nel Chiostro di Santa Caterina a Formiello, sede della Fondazione, espongono invece: Radu Belcin (Romania), Domenico Bianchi, Veronica Bisesti, Giuditta Branconi, Margaux Bricler (Francia), Chiara Calore, Letizia Cariello, Gianluigi Colin, Vanni Cuoghi, Francesco De Grandi, Zehra Dogan (Turchia), Cian Dayrit (Filippine), Sergio Fermariello, Silvia Giambrione, Arvin Golrokh (Iran), Jung Hye Ryun (Corea), Sophie Ko (Georgia), Filippo La Vaccara, Loredana Longo, Troy Makaza (Zimbabwe), Samuel Nnorom (Nigeria), Henrik Placht (Norvegia), Aurelio Sartorio, Andres Serrano (Stati Uniti), Mortem Viskum (Norvegia), Wang Guangyi (Cina) e Yue Minjun (Cina).
Il tema della mostra nasce dall’indagine di curatore e autori sulle problematiche della contemporaneità legate ai fenomeni migratori e alla complessità delle relazioni tra diverse culture, tradizioni e religioni, guardando in piena autonomia anche alle scienze sociali e affrontando la questione anche in termini politici.
«È storica la complessità del rapporto con l’estraneo, in cui ravvisiamo valori che possono apparire incompatibili con la nostra visione del mondo – sottolinea Paparone - È evidente che per noi è straniero un californiano quanto un cittadino della Costa d’Avorio, ma incontriamo maggiori difficoltà a entrare in dialogo con chi ha abitudini culturali più distanti dalle nostre, che proprio per questo avvertiamo come una categoria umana cui non riconosciamo lo stesso status di civiltà.