Le imprese Di Maio intestate a moglie e figli: tutti i dubbi sulle ragioni della scelta del papà

Le imprese Di Maio intestate a moglie e figli: tutti i dubbi sulle ragioni della scelta del papà
di Gigi Di Fiore
Venerdì 30 Novembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 1 Dicembre, 07:10
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Inviato a Mariglianella

Se è sacrosanto che le eventuali colpe dei padri non possano ricadere sui figli, sulle questioni che si sono aperte da alcuni giorni e investono Antonio Di Maio permangono diversi nodi da sciogliere. Si tratta di curiosità legittime, nel rispetto di quella trasparenza che giustamente Luigi Di Maio invoca e tiene a dimostrare.

Alle «Iene» il vicepremier ha dichiarato di aver lavorato d'estate nella ditta di famiglia, per dare una mano. Lavoro regolare, dimostrabile. Ma, nei documenti pubblicati in rete due giorni fa, figura un'assunzione a tempo determinato di mesi non estivi, da febbraio a maggio di dieci anni fa. Lavoro in un cantiere di una casa in ristrutturazione in via Ugo Ricci, nel quartiere Vomero a Napoli. Cattiva memoria, su un'attività svolta da operaio manovale a 22 anni? Sugli abusi edilizi il vice premier ha parlato invece di manufatti risalenti alla fine della seconda guerra mondiale. Al Comune di Mariglianella non hanno trovato atti che riguardano quelle costruzioni, che sicuramente non potevano essere ignorate se proprio in via Umberto a Mariglianella c'era la prima sede della Ardima quando ancora era ditta individuale, tanto che in quei manufatti-depositi erano custoditi gli attrezzi necessari agli operai che da lì partivano per i cantieri.
 
Questioni che si intrecciano con le denunce televisive delle «Iene» per i quattro casi di lavoratori in nero, negli anni precedenti alla trasformazione della Ardima in srl e quindi prima della donazione della proprietà dalla signora Paolina Esposito, madre del vice premier, al figlio Luigi e alla figlia Rosalba. Anche in questo caso, Luigi Di Maio ha spiegato di non saperne nulla, anche perché c'è stato un periodo di rapporti non buoni con il padre in cui non sempre il genitore gli parlava. Ci può stare tutto, anche se fare le pulci al comportamento familiare nasce proprio dalla necessità di trasparenza che il vice premier fa sua in ogni dichiarazione. Come l'ultima questione sollevata dalla deputata Pd Anna Ascani: poteva una docente, poi dirigente scolastica, come dipendente pubblica essere proprietaria e rappresentante legale di una ditta individuale? Roba passata, per un periodo di sette anni, ora in evidenza.

La curiosità principale sul ruolo di Antonio Di Maio nell'Ardima è sempre la stessa da alcuni giorni: come mai, chi tutti, a Mariglianella come a Pomigliano, sapevano essere il gestore di fatto dell'Ardima sia da ditta individuale sia da srl, non ha mai ricoperto un ruolo né ha mai detenuto una parte della proprietà di quell'azienda? Esistevano impedimenti, o solo ragioni di opportunità legati alla presenza in passato, come tecnico esterno, di Antonio Di Maio nelle commissioni edilizie e di condono del Comune di Pomigliano? Di certo, la legge prevede solo che un commissario debba astenersi a partecipare a una decisione, nelle commissioni edilizie o di condono, solo nelle pratiche che riguardano lui direttamente o i suoi familiari. A quanto risulta, il padre del vice premier non ha mai gestito ditte fallite, né ha protesti che gli avrebbero impedito partecipazioni societarie. Dichiara 88 euro di reddito solo per terreni e allora ritorna in ballo quella famosa contestazione di Equitalia su un debito che qualcuno ha quantificato in 172mila euro. Che origine ha? Un mistero, alimentato dall'assenza di dichiarazioni degli interessati e di chi li assiste per motivi professionali. Un silenzio che giustifica i dubbi.

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