A3F celebra i suoi primi vent'anni con una festa interetnica

Piero Quaranta, "Il 37° parallelo"
Piero Quaranta, "Il 37° parallelo"
di Donatella Trotta
Giovedì 17 Marzo 2016, 09:53 - Ultimo agg. 18:23
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Vent’anni di battaglie pacifiche per il diritto all’accoglienza, alla casa, alla dignità del lavoro. Vent’anni di lotta nonviolenta al fianco di migranti di ogni provenienza, intenzionati a condividere con i cittadini italiani l’impegno quotidiano per una società più equa e concretamente solidale, nel rispetto di regole e valori fondanti alla base della nostra Costituzione. E vent'anni, anche, di cammino ancora in corso, incessante e aperto: tra battute d’arresto e progressi, mete raggiunte ed altre tuttora da conquistare, in un mondo dove la parola "migrante" viene troppo spesso coniugata al vocabolo (inflazionatissimo) "emergenza", che porta a erigere muri generando tragedie.

«E invece, proprio gli immigrati possono essere la leva di un cambiamento positivo della vita di tutti noi», dice convinto Gianluca Petruzzo, responsabile nazionale dell’Associazione antirazzista ed interetnica 3 Febbraio, nata nel 1996 dopo una imponente manifestazione di circa 50mila persone che sfilarono per le strade di Roma rivendicando «un mondo di tutti i colori», ovvero senza «razzisti e oppressori». Un’aggregazione laica, spiega Petruzzo, «totalmente autofinanziata, apartitica e indipendente, ma fortemente inclusiva, senza però alcun buonismo, pietismo o paternalismo, anzi: già dal 2001, sempre fermamente schierata contro guerre e terrorismo, come gli amici immigrati che fanno parte dell’Associazione».

Da quel 1996 A3F conta, oggi, quattromila aderenti in tutta Italia, oltre 400 a Napoli. In maggioranza immigrati di ogni etnia, considerati non numeri, ma persone: «E vent’anni fa fu la prima volta - ricorda  Petruzzo - che, protestando contro il decreto Dini (un provvedimento contro gli immigrati), stranieri di ogni etnia al fianco di italiani ebbero il protagonismo assoluto, con un’autoconsapevolezza dei propri diritti e doveri cresciuta sino ad oggi». Con quale bilancio? «Positivo, anche se con chiaroscuri», spiega ancora Petruzzo. «Da quella prima manifestazione, unica nel suo genere in Europa, il mondo è molto cambiato. E anche noi. Pur tra inciampi e cadute, con coraggio e convinzione, abbiamo continuato ad essere al fianco della gente che emigrando cerca di migliorare la propria vita. Sempre dalla parte di questa umanità, mai dalla parte degli stati, delle frontiere e dei governi che la opprimono. Sempre con la gente: donne, uomini, bambini degni di vivere e di essere accolti, mai disposti a mercanteggiare questo diritto affidandolo a quote o numeri chiusi».

Sembrano le parole di don Lorenzo Milani, quando ammoniva: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Petruzzo sorride:  filosofo di formazione, dipendente del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) ma sin dal principio volontario impegnato nell’A3F anche con progetti di cooperazione internazionale, soprattutto con l’Africa, si sente vicino, da laico, alla solidarietà non banalmente “multiculturale” bensì concretamente interetnica espressa, ad esempio, dal magistero di dialogo di papa Francesco. Ma mette anche in guardia contro «le derive di un volontariato sempre più affaristico e compromesso nel business dell’accoglienza».  E ricorda alcune tappe raggiunte da A3F in un percorso a ostacoli, costellato, dice, «di tanti attacchi razzisti, alcuni direttamente omicidi, ai quali abbiamo risposto fomentando unità, fratellanza e una giusta autodifesa, ad esempio sulla questione degli schiavi bengalesi. Nel tempo – continua Petruzzo – abbiamo suscitato riscatto, unito persone diverse, come gli ambulanti napoletani e stranieri, parlato di pace e lottato contro il terrorismo fin dai primi passi del nostro impegno».

E oggi? «Oggi siamo ancora più motivati e decisi ad affermare valori chiari e positivi su cui basare una migliore convivenza umana. Perché le emergenze continuano e si amplificano: di fronte alle tragedie dei viaggi gli stati ergono muri, il razzismo popolare osteggia le possibilità di convivenza, il nuovo terrorismo dell’Isis neonazista si combina con i disvalori che vivono anche tra gli immigrati e minacciano la vita di tutti. L’integrazione, sempre più segnata dalla sottomissione, è chiaramente fallita. Sono convinto – aggiunge Petruzzo – che c’è ancora più bisogno di noi, nel solco di quella strada aperta venti anni fa, dei tanti che sceglieranno di impegnarsi: per quelli che sono giunti qui e per chi non ce l’ha fatta, per quelli che verranno, per chi nasce e vive in questo Paese, per continuare a sperare e a costruire giorno per giorno un mondo libero dal razzismo in difesa della nostra comune umanità e per una vita migliore nella prospettiva di una pacificazione interetnica.
 

Utopia? Gianluca Petruzzo e l’A3F sono convinti di no. Come don Milani, pensano che «il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia». E ne parleranno domani a Napoli, festa di San Giuseppe, con un evento per celebrare il ventennale di A3F previsto dalle ore 17 presso la Fondazione Giambattista Vico, nella Chiesa di San Gennaro all'Olmo (in via San Gregorio Armeno, angolo via San Biagio dei Librai). Si parte con un’assemblea di bilancio e prospettive, più che di amarcord, e si continua, dalle 20, con una festa tra musica e gastronomia dal mondo, mostre fotografiche, proiezioni video ed esposizione di materiali documentari. Tra le foto esposte, una selezione degli scatti dell’artista Piero Quaranta, classe 1983, originario di Battipaglia, globe trotter (in Senegal, Egitto, Ucraina e in giro per l’Italia) e fotogiornalista di talento, spesso al fianco di A3F.

I volti di migranti ripresi da Quaranta, parte di un progetto durato tre anni dal titolo «Il 37° parallelo», fissano intensamente l’obiettivo da un trasparente “muro” d’acqua, con effetti stranianti di emersione/immersione. Inquietano e interpellano, come domande mute riflesse nei loro occhi. Spiega Piero Quaranta: «Il 37° parallelo è il punto di congiunzione nel mar Mediterraneo tra le coste siciliane e quelle africane, in cui hanno perso la vita migliaia di migranti. Il lavoro è stato realizzato con un taglio per me insolito, più concettuale che reportagistico, non a caso gli elementi utilizzati sono un vetro e l’acqua, che attraverso il suo moto convulso cerca di rimandare all’annegamento: tragica sorte cui numerosi migranti sono destinati il più delle volte durante l’esodo della traversata. Si calcola che dal 1994 nel canale di Sicilia siano morte circa 7000 persone e numerosi i dispersi che questa stima non include».
 
 
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