Carcere minorile di Nisida, clima di tensione: «Troppi detenuti maggiorenni»

La protesta degli agenti penitenziari dopo l'incendio di una cella

Alta tensione nel carcere di Nisida
Alta tensione nel carcere di Nisida
di Viviana Lanza
Lunedì 24 Luglio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 25 Luglio, 07:45
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Si indaga sulle ragioni e sulla dinamica del gesto del detenuto che sabato pomeriggio ha dato fuoco alla sua cella nell’istituto minorile di Nisida. Ha appiccato il rogo utilizzando un materasso, dei vestiti e uno stendibiancheria in plastica. In pochi minuti l’incendio è divampato, l’intero reparto detentivo si è riempito di fiamme e fumo nero ed è stato dichiarato inagibile, tutti i detenuti sono stati allontanati dalle celle avvolte da un’aria irrespirabile e tre agenti della polizia penitenziaria sono rimasti intossicati (per loro sette giorni di prognosi). Accanto alla solidarietà per gli agenti feriti sta montando la polemica sulla presenza, nelle carceri minorili, di molti detenuti cosiddetti «giovani adulti», giovani cioè che, come nel caso dell’autore dell’incendio nella cella di Nisida, pur avendo superato i diciotto anni di età, hanno la possibilità di scontare la pena in strutture per minori. 

È Giuseppe Di Carlo, segretario generale della Federazione Sindacati Autonomi Cnpp, a chiedere «all’amministrazione centrale di attivare immediati interventi in considerazione di una buona parte di utenza detentiva con serie problematiche, alla luce delle diverse vicissitudini che si stanno registrando, da tempo, nell’istituto partenopeo». «È stato grazie al pronto intervento del personale di polizia penitenziaria in servizio si è riusciti ad evitare il peggio», sottolinea, a proposito dell’incendio a Nisida, Federico Costigliola, coordinatore regionale per la Campania del Sappe. «La promiscuità tra i detenuti stranieri, quelli provenienti dal Nord Italia e quelli napoletani diventa un mix esplosivo che inficia, tra l’altro, la progettualità trattamentale propria della giustizia minorile», affermano, in una nota congiunta, i sindacati Uspp e Uil della polizia penitenziaria. «Chiediamo che i detenuti stranieri non vengano dislocati nelle carceri campane - aggiungono i due sindacati - e, inoltre, che i detenuti maggiorenni protagonisti di eventi critici gravi vengano trasferiti in strutture detentive per adulti, secondo quanto previsto dal nuovo ordinamento penitenziario minorile». 

L’istituto di Nisida - fa notare Sabatino De Rosa, esponente campano del Sindacato autonomo polizia penitenziaria - «ospita circa 20 detenuti di origini straniere, su un totale di circa 55, quasi tutti con problemi psichiatrici, ed è proprio la gestione di questo tipo di utenza che sta creando serie problematiche».

I sindacati, quindi, lamentano una certa indifferenza di politica e opinione pubblica nei confronti di queste criticità della giustizia minorile. 

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Dall’inizio 2023 i giovani in carico al servizio sociale minorile in Italia erano 14.221, di cui 400 detenuti presso i 17 istituti penali minorili presenti nel nostro Paese. Il numero più alto di detenuti si trova nell’istituto napoletano di Nisida (57 in totale), seguono Bologna con 45 detenuti e Airola con 37. Si tratta di istituti che ospitano detenuti dai 14 ai 25 anni di età, una fascia quindi molto ampia e soprattutto varia di giovani e giovanissimi. Di qui la difficoltà di garantire percorsi di rieducazione mirati. «Sulla giustizia minorile c’è una rivoluzione incompiuta - afferma il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello -. Sono appena 17 gli istituti in Italia, ci sono tanti agenti e educatori ma c’è un fallimento dovuto al fatto che il modello degli istituti penali per minorenni, così come quello delle comunità che non può essere la panacea per tutti i mali, non è in grado di reggere una presenza contemporanea ed eterogenea di minorenni, giovani adulti, stranieri, adolescenti con doppia diagnosi. C’è una miscela esplosiva in tutta Italia».  

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