Giulio Giaccio ucciso e sciolto nell'acido, beffa in aula: «Test psicologico per il killer»

La difesa punta allo sconto di pena e chiede di verificare le condizioni di stabilità mentale dell'imputato

Giulio Giaccio fu ucciso e sciolto nell'acido
Giulio Giaccio fu ucciso e sciolto nell'acido
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 4 Maggio 2023, 11:20
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Vogliono sapere se all'epoca dei fatti fosse in grado di governare un clan, come - sul suo conto - raccontano i pentiti. Poi vogliono sapere se attualmente è in grado di intendere e volere, dunque di stare a giudizio, di poter reggere un'accusa per la quale rischia una condanna durissima. Sono questi i quesiti che sono stati posti dal gip del Tribunale di Napoli al consulente tecnico di ufficio Sciaudone, a proposito delle condizioni psicologiche di Carlo Nappi. Una svolta nel corso dell'udienza preliminare a carico dello stesso Nappi e di Salvatore Cammarota, entrambi imputati di aver ucciso un ragazzo per errore. È un ulteriore step nel corso del processo sull'omicidio di Giulio Giaccio, ragazzo di 26 anni sequestrato e ucciso addirittura 23 anni fa. Era il 30 luglio del 2000, quando Giulio Giaccio fu prelevato da finti poliziotti, per essere ucciso con un colpo alla nuca, fino ad essere sciolto nell'acido in una sorta di spedizione punitiva organizzata da uomini del clan Polverino. Ucciso per errore, come hanno confermato alcuni collaboratori di giustizia che hanno preso parte a quella assurda spedizione di morte. Stando al racconto degli assassini, è emerso che c'era la volontà da parte di alcuni soggetti del clan Polverino di uccidere un uomo che aveva intrecciato una relazione intima con la sorella di un boss della zona. Questione di reputazione, di consenso e di controllo del territorio. Una scena cristallizzata grazie al lavoro dei carabinieri del reparto operativo sotto la guida del colonnello Cristian Angelillo, in forza al comando provinciale del generale Enrico Scandone, sotto il coordinamento della Procura di Rosa Volpe e dei pm Giuseppe Visone e Mariella Di Mauro (oggi procuratrice aggiunto a Napoli nord). 

Ma torniamo in Tribunale.

Aula 111, dinanzi al giudice per le indagini preliminari Giovanniello, si registra l'istanza dell'avvocato Raffaele Esposito, per conto dell'imputato Nappi. Stando al lavoro difensivo, è opportuno verificare le condizioni di stabilità mentale dell'imputato, sia in relazione alla sua capacità attuale di stare a giudizio e di replicare all'accusa di omicidio, sia in relazione a quanto avvenne 23 anni fa. Veriche suggerite per altro da documentazione medica puntualmente presentata in aula dal difensore, che ha spinto il giudice a nominare un perito. Un provvedimento che ha reso necessario aggiornare l'udienza preliminare al prossimo 13 luglio, quando saranno probabilmente depositate le conclusioni sui quesiti posti ieri dal giudice. Una vicenda puntualmente seguita dai parenti di Giulio, assistiti dai penalisti Concetta Chiricone e Alessandro Motta, che hanno deciso di costituirsi parte civile. Una posizione rigorosa quella della famiglia della vittima, al punto tale che i parenti di Giulio hanno rigettato la richiesta di risarcimento del danno che i due imputati hanno avanzato all'inizio del procedimento in aula. Ricordate la storia? Sia Cammarota che Nappi, tramite i loro legali, hanno proposto un risarcimento di 130mila euro a testa, soldi ricavati dalla vendita di box auto e di un paio di immobili. Una vicenda che a questo punto attende il verdetto del giudice per i primi due imputati, mentre sono in corso verifiche da parte dei carabinieri anche su un altro fronte: quello legato alla identificazione degli altri responsabili del commando di morte, attualmente impuniti e a piede libero. Inchiesta in corso, mentre a luglio tocca alla Procura vibrare le proprie conclusioni a carico dei primi due presunti carnefici di un ragazzo estraneo alla camorra e morto per un errore di persona. 

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