Giogiò, ecco i complici del minore assassino: due indagati in Procura

Svolta nella morte del musicista 24enne, l’accusa di concorso anomalo in omicidio

La mamma di Giogiò sul luogo dell'omicidio
La mamma di Giogiò sul luogo dell'omicidio
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Mercoledì 6 Dicembre 2023, 23:58 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 09:00
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Sono due rapinatori, entrambi specializzati nello scippo di Rolex e di orologi di valore in trasferta. Agiscono a Napoli, ma anche al nord, mentre hanno come meta privilegiata per le proprie razzie la Spagna, le coste e le mete più frequentate dal turismo che conta. Uno ha 20 anni e l’altro 28: sono entrambi entrati formalmente nell’inchiesta sull’omicidio di Giovanbattista Cutolo, il musicista 24enne trucidato lo scorso 31 agosto, all’interno di un pub di piazza Municipio.

Sono accusati di concorso anomalo in omicidio, assieme al minorenne (che oggi ha 17 anni), ritenuto responsabile di aver premuto il grilletto e ammazzato il giovane artista. Due maggiorenni indagati per la morte di Giogiò, che sono stati invitati a comparire dinanzi al pm di Napoli, per rispondere ai rispettivi interrogatori, mentre nei confronti del minorenne c’è già un punto fermo: per il 17enne, il pm dei Colli Aminei ha formalizzato la richiesta di processo immediato. Omicidio volontario aggravato è l’ipotesi mossa dal pm Francesco Regine, nei confronti del giovane assassino (assistito dall’avvocato Davide Piccirillo): prima udienza il prossimo 15 febbraio, dinanzi al gip del Tribunale dei minori, in una udienza tecnicamente blindata.

Come è noto, per i genitori di Giogiò non sarà prevista la possibilità di costituirsi parte civile, perché non è previsto nel rito minorile. Difesi dal penalista napoletano Claudio Botti, i genitori del musicista potranno invece farsi rappresentare in aula nel corso di un eventuale processo a carico di maggiorenni, qualora venisse confermata l’esigenza di esercitare l’azione penale a carico dei presunti complici.

E restiamo agli ultimi due indagati che entrano nell’inchiesta. Si tratta di due presunti malviventi dei Quartieri spagnoli. Rapinatori seriali, secondo quanto emerge dalle indagini condotte dalla Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini. Quella mattina erano legati a un terzo soggetto, che conosceva il 17enne armato di pistola. In quattro decisero di andare a mangiare un panino nel pub di piazza Municipio. E sono i due rapinatori ad attaccare briga con la comitiva di amici di Giogiò. Prima mettono lo scooter sul marciapiede, a due passi dal locale, rendendo impossibile il transito ai pedoni e sollevando le critiche di una ragazza; poi danno vita a una serie di provocazioni. Due balordi, a leggere la ricostruzione. Uno dei due, oltre a provocare verbalmente, decide di spruzzare la maionese in testa a uno degli amici di Giogiò. Poi i due balordi aggrediscono a colpi di sedie e tavolini i ragazzi che si erano limitati a rispondere ad offese e minacce. 

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Una scena ripresa dalle telecamere, dalle quali emerge un dato su tutti: Giovanbattista Cutolo non svolge un ruolo nella zuffa, ma si limita ad intervenire solo per difendere un amico, quando si accorge che sta avendo decisamente la peggio, quando lo vede sopraffatto dalle botte e dai colpi di sedie usate come clave. Una reazione coraggiosa e umana, che avrebbe potuto far cessare una aggressione assurda, priva di senso. Ma è questo il momento in cui entra in scena il killer, anche lui fino a quel momento assolutamente fuori contesto. Prende la pistola che ha ai pantaloni e spara. Tre colpi centrano al torace e alla schiena un musicista, oggi diventato icona della Napoli pulita contro la sporcizia della malavita. Una scena cristallizzata negli atti, su cui si attende il verdetto del giudice minorile, mentre al Centro direzionale va avanti l’inchiesta sui complici del giovane assassino. Inchiesta condotta dal pm Danilo De Simone, magistrato in forza al pool reati contro i crimini predatori sotto il coordinamento dell’aggiunto Sergio Amato. Ma torniamo agli interrogatori resi dai due indagati. Difesi dall’avvocato Leopoldo Perone, i due malviventi hanno seguito un canovaccio fin troppo scontato: hanno preso le distanze dai colpi di pistola esplosi. Hanno riconosciuto le proprie responsabilità nell’aver scatenato una rissa insensata, ma hanno ribadito un punto in particolare: «Non sapevamo che il quarto del gruppo fosse armato. Non eravamo a conoscenza del suo possesso dell’arma». Anzi. Uno dei due soggetti interrogati ha anche ricordato di aver incontrato per la prima volta il giovane killer solo poche ore prima. 

Una vicenda che ora attende gli esiti di altre testimonianze, che costa - almeno per il momento - l’accusa di concorso anomalo in omicidio. Un reato da corte di assise, nel corso di un processo dove potrebbe costituirsi parte civile - visti i danni all’immagine dei riflessi mediatici - anche il Comune di Napoli. 

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