Giovanbattista Cutolo ucciso a Napoli: arrestato in Spagna uno dei complici

Era scappato poche ore dopo i fatti dello scorso agosto

Giovanbattista Cutolo ucciso a Napoli: arrestato in Spagna uno dei complici
Giovanbattista Cutolo ucciso a Napoli: arrestato in Spagna uno dei complici
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Mercoledì 20 Marzo 2024, 23:12 - Ultimo agg. 21 Marzo, 16:20
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Ci ha messo poche ore a mettersi alle spalle quella scena. Ci ha messo al massimo un paio di giorni a dimenticare la storia di un ragazzo di 24 anni ucciso sotto i propri occhi dal complice di un’aggressione scatenata per futili motivi. Fatto sta che non ha impiegato tempo a consumare un colpo, una rapina, sua abilità professionale, non appena sbarcato in Spagna. Ed è così che Antony Mucci, uno dei due presunti complici del 17enne condannato a venti anni per l’omicidio di Giovanbattista Cutolo, è stato arrestato in Spagna, sua terra di elezione, dove si era rifugiato dopo i fatti di piazza Municipio.

Un retroscena che sta emergendo dall’inchiesta condotta dalla procura di Napoli contro i due maggiorenni protagonisti della spietata aggressione consumata ai danni della comitiva del musicista napoletano ucciso per mano del 17enne.

Indagini in corso, contatti con l’autorità giudiziaria spagnola, emergono particolari. Un mese fa la notizia degli arresti in Spagna di Mucci, oggi spuntano altri particolari del blitz che tiene in cella il presunto rapinatore. Il dato più importante è quello cronologico. Già perché la rapina (probabilmente lo strappo di un orologio) sarebbe stata consumata ai primi di settembre: un paio di giorni dopo l’omicidio di Giogió Cutolo. Dopo l’assassinio del musicista, visto anche il clamore mediatico della vicenda (con la premier Meloni a Caivano per lo scandalo delle cuginette minorenni stuprate dal branco), il presunto malvivente pensa bene di cambiare aria. Lascia i Quartieri spagnoli e va in Spagna. Ed è qui che si dà alla sua principale attitudine: le rapine, gli assalti predatori, lui che è conosciuto in via Medina proprio per la sua abilità di strappatore di Rolex.

Un colpo che rappresentava una sorta di ritorno alla normalità, senza troppo badare alla morte di un ragazzo destinato a diventare icona della Napoli bella e sofferente, alle prese con la mala pianta della criminalità spicciola e organizzata. Inchiesta condotta dal pm Danilo De Simone, le indagini procedono all’indomani del verdetto che ha inchiodato - almeno per il primo grado di giudizio - il responsabile materiale della morte di Giogió.

È stato il gup Umberto Lucarelli a firmare la condanna a venti anni di reclusione (il massimo della pena al netto dello sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato) per il 17enne, in uno scenario in cui sono confermate le indagini della squadra mobile, sotto il coordinamento del pm minorile Francesco Regine.

 

Giornate intense in Procura, dopo la condanna firmata dal Tribunale dei minori, si punta a chiudere il caso anche per i maggiorenni. Si lavora su due versanti in particolare: la pistola, che è stata fatta ritrovare dallo stesso esecutore materiale dell’omicidio; e i telefoni cellulari che appartenevano ai tre malviventi. Chiara la strategia degli inquirenti: cercare elementi in grado di sostenere (o eventualmente di annullare) l’ipotesi di concorso in omicidio. Un caso che resta aperto, in attesa di accertamenti irripetibili.

Si punta a stabilire se la pistola è stata impugnata anche dagli altri due indagati; ma si cerca anche di capire quali rapporti ci sono stati subito dopo il delitto tra i tre malviventi. Lo scorso 31 agosto, Giogió fu ucciso al termine di una lite nata per futili motivi, con una vera e propria aggressione (anche a colpi di sedia) scatenata dai tre contro un gruppo di ragazzi che stavano mangiando un panino all’alba. Uno sfoggio di violenza culminato nell’omicidio, poi nella fuga: chi a giocare a carte, come nel caso del giovane killer; chi in Spagna a cercare fortuna (magari facendo rapine al malcapitato di turno).

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