«Ero il Cristiano Ronaldo delle rapine in banca, ora studio Giurisprudenza». Detenuti e studenti dell'Università Parthenope si sono sfidati sul campo da calcio del carcere di Secondigliano per combattere l'indifferenza. A vincere è stata la legalità e la cultura. «Una partita tra amici, come avverrebbe fuori» commenta il comandante del reparto. Vincenzo, 60 anni di cui 25 in cella, siede sul ciglio del campetto della casa circondariale. Si paragona a Ronaldo, eppure non gioca a pallone. La sua fama non è calcistica. Rapine e assalti a banche, anche un celebre colpo alle poste. Uno specialista della criminalità, ma il carcere l'ha cambiato. A dirlo è uno a cui la giustizia ha tolto la liberà, condannandolo a una lunga detenzione. Eppure, è proprio di giustizia che vuole occuparsi una volta uscito da Secondigliano. «Passare tanto tempo recluso mi ha avvicinato ai libri. Qui ho iniziato il mio percorso universitario. Ho fatto tanti esami alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II. Spero di laurearmi presto. Sono entrato da delinquente, non so se uscirò da avvocato. Ma sono sicuramente cambiato. Ho capito di aver sbagliato».
Una storia di redenzione e comprensione, che non riguarda solo Vincenzo, ma tutti i suoi compagni. «I detenuti presenti in questa struttura - spiega Gianluca Colella, primo dirigente di polizia penitenziaria e comandante del reparto Mediterraneo - hanno affrontato un percorso rieducativo.
Tra cori da stadio e risate, scatta il novantesimo. La partita finisce, ma ecco che arrivano altri carcerati con vassoi di pizze e dolci rigorosamente preparati da loro. «Sono qui per spaccio, ma ho sempre fatto il pizzaiolo - racconta Salvatore - Ho la passione per i lievitati e la cucina. Ho preparato tutto io. Voglio diventare un professionista e per questo mi sono iscritto alla facoltà di Gastronomia. Mi mancano ancora alcuni anni da scontare. Ho sbagliato ed è giusto pagare, ma penso al futuro. Non appena fuori da qui tornerò in pizzeria e da mio figlio». I dolci, bignè con panna e cioccolato, sembrano preparati da un pasticcere professionista. Ad averli infornati è stato Francesco, anche lui con passione e un passato da spacciatore. «Preparo dolci per ingannare il tempo. Sembra non passare mai. Tra 21 mesi sarò fuori da qui. Mia mamma conta i giorni che mancano, mi rivuole a casa. Non escludo che la pasticceria possa essere il mio futuro. Di certo non tornerò a delinquere».
Ciò che emerge dalle parole dei detenuti sono passioni. Diverse, ma tutte belle e soprattutto legali. Ed ecco che la distanza tra dentro e fuori, studenti della Parthenope e detenuti si annulla. «Diamo sempre spazio alle proposte dei carcerati - dichiara l'educatrice Gabriella Di Stefano - La direttrice Giulia Russo crede nel trattamento dei detenuti. Bisogna avere cura di loro, non condannarli oltre le pene. È prezioso il confronto con la comunità esterna nello sport, genera benessere psicofisico e rispetto delle regole».
Promotore del calcio all'indifferenza è stato Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Regione Campania. «Mi batto - dice - per arginare l'indifferenza a cui sono soggetti i detenuti. Emarginati da una società, che dovrebbe per loro costruire un contesto idoneo in cui scontare i reati. Bisogna creare un ponte che colleghi il dentro e il fuori».