Decontribuzione Sud: da Bruxelles è in arrivo la proroga fino a giugno

Resta in vigore la misura più gettonata dalle imprese meridionali private per ridurre il costo del lavoro

La decisione della Commissione Ue
La decisione della Commissione Ue
di Nando Santonastaso
Venerdì 1 Dicembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 2 Dicembre, 18:00
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Manca solo la comunicazione ufficiale ma ormai è certo che la Decontribuzione Sud, la misura più gettonata dalle imprese meridionali private negli ultimi tre anni per ridurre il costo del lavoro, sarà ancora prorogata. Altri sei mesi, fino a giugno 2024, in virtù della decisione della Commissione Ue di estendere fino a quella scadenza il Temporary Framework Ucraina, la sospensione, cioè, del divieto degli aiuti di Stato per effetto delle conseguenze sociali ed economiche provocate dalla guerra in Ucraina. Una scelta che, ha sottolineato di recente il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, «apre a una procedura più rapida e semplificata per la richiesta del ministero all'Ue di autorizzare l'estensione della durata dell'esonero contributivo per sostenere le imprese dell'Italia meridionale».

Al momento serve infatti ancora l'ok di Bruxelles per la sua autorizzazione pur essendo stata prevista nella legge di Bilancio italiana 2021 (su proposta dell'allora ministro del Sud Peppe Provenzano) fino al 2029, con percentuali a scalare sul taglio dei contributi previdenziali a carico delle aziende (dal 30% a scendere). Parliamo di una misura a dir poco strategica per l'area più debole del Paese, sostenuta e rafforzata non a caso da tutti i governi e i ministri competenti (da Mara Carfagna a Raffaele Fitto) nonostante un impatto rilevante sui conti pubblici. La Decontribuzione Sud, che non va considerata un incentivo all'occupazione, solo nel 2022 ha infatti erogato 3,3 miliardi per agevolare 3,1 milioni di contratti nel settore privato, sia nuovi che in essere, sia precari che stabili. Di sicuro è anche, o forse soprattutto, da qui che è partita la ripresa dell'occupazione al Sud negli ultimi mesi soprattutto in termini di stabilizzazione di contratti a tempo determinato. Numeri non trascendentali e comunque non in grado di colmare il gap di circa 20 punti con la media degli occupati del Nord ma nemmeno più trascurabili come si è forse tentati di credere. La tendenza, in altre parole, c'è ma andrebbe ancor più sostenuta, specie dal lato degli investimenti, tra Pnrr e Zes unica in particolare.
Ora però si pone il problema di rendere strutturale l'agevolazione, come ha più volte annunciato Fitto, consapevole che per le esigenze di pianificazione delle imprese non può più bastare la proroga di sei mesi o di un anno. Il ministro, proprio a Napoli in occasione dell'incontro all'Unione Industriali, confermò che il governo sta già lavorando ad una soluzione diversa, in grado, cioè, di raggiungere l'obiettivo a prescindere dallo sbarramento europeo degli aiuti di Stato. «In ogni caso - commenta Luca Bianchi, direttore della Svimez che martedì prossimo presenterà a Roma il Rapporto 2023 con l'intervento dello stesso Fitto - mi sembra inevitabile che prima o poi si vada alla selettività della misura.

Che, cioè, la si finalizzi a determinati settori produttivi, a partire ad esempio da quelli più innovativi, o alla qualità dell'occupazione, laureati e diplomati per essere più chiari. Penso a quanto si è fatto per i nuovi assunti o per le donne: pensare di ragionare solo in termini di proroga significa limitare l'orizzonte alle imprese». 

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Certo, non potrebbe comunque essere il Bonus Sud l'unica chiave per riaprire la prospettiva del lavoro nel Mezzogiorno. Le incognite maggiori continuano a riguardare soprattutto i Neet, concentrati per lo più tra Campania e Sicilia. È ad essi che si rivolge un inedito progetto della Fondazione Saccone, in sinergia con Giffoni Innovation Hub, evoluzione del sistema Giffoni voluta da Claudio Gubitosi. Si chiama Next Gen Revolution e mira a fronteggiare «l'urgenza del crescente tasso di Neet in Campania» fungendo da catalizzatore di opportunità per i giovani dai 15 ai 34 anni che si trovano al di fuori del circuito lavorativo e formativo. Come? Provando a ridurre il divario educativo e a facilitare l'inserimento professionale «attraverso un'azione mirata che coniuga interventi formativi, mentoring e supporto all'employability». Più semplicemente, l'obiettivo è di formare almeno 140 Neet sulle nuove competenze digitali e favorire poi l'inserimento lavorativo di 95 di essi. Per farlo, si organizzeranno corsi di formazione, «dal Graphic Design 3D all'Artificial Intelligence, dalla Robotica al Data Science e dal Digital Marketing al Web 3.0». La cornice di riferimento è il Fondo per la Repubblica DigitaleImpresa sociale, partnership pubblico-privata tra Governo e Acri, lAssociazione di Fondazioni e di Casse di risparmio, con uno stanziamento totale di circa 350 milioni di euro, che è nata proprio per accrescere le competenze digitali del Paese. In campo, come detto, la Fondazione Saccone nonché l'Associazione Amici Dei Bambini e l'Università degli Studi di Salerno. Due i gruppi previsti: il primo sarà composto dai Neet tra i 15 e i 18 anni che vivono nelle periferie urbane e hanno minori possibilità in termini di istruzione per contrastare la dispersione e l'abbandono scolastico. Il secondo, tra i 18 e i 34 anni, comprenderebbe per lo più inoccupati e disoccupati che dopo aver fatto esperienze lavorative di breve durata senza possibilità di crescita professionale hanno smesso di cercare lavoro e nutrono forte sfiducia verso future opportunità. 

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