Il dovere di combattere l'inflazione evitando scelte sbagliate

La necessità di un raccordo tra politica economica e monetaria per salvare la crescita

Il dovere di combattere l'inflazione evitando scelte sbagliate
di Angela De Mattia
Mercoledì 4 Ottobre 2023, 16:29 - Ultimo agg. 5 Ottobre, 06:00
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Si combatte giustamente contro la tassa più iniqua, la tassa soprattutto dei poveri, che è quella dell’inflazione, ma nel contempo si rischia di arrecare danno a tutta un’area sociale - dalle imprese alle famiglie, ai comuni cittadini - con rapporti con le banche e anche senza tali relazioni, ma per il dover subire la traslazione sui beni venduti dei maggiori oneri finanziari.

Insomma, non è in questione l’azione di contrasto dell’inflazione che costituisce l’unico mandato della Bce volto al mantenimento della stabilità dei prezzi individuata nel livello di un inflazione al 2 per cento (con l’obbligo per l’istituto di intervenire, quando l’aumento dei prezzi si discosta al disopra, come nel nostro caso, o al disotto di tale livello in una prospettiva di medio termine). Ma non vi è un mero automatismo nell’azione di contrasto. Se così, al contrario, fosse, non vi sarebbe bisogno dei banchieri centrali, di quella che deve essere la loro “arte”. Fondamentale è, invece, come si arriva al target indicato, in quali tempi, con quali modi, con quali raccordi con le leve di politica economica e sociale. Non a caso, lo statuto della Federal Reserve, a differenza di quello della Bce, pone sullo stesso piano la stabilità dei prezzi e il sostegno all’occupazione, mentre quest’ultimo, compendiato nel sostegno alle politiche economiche, potrebbe essere dispiegato, da parte della Bce, solo dopo aver conseguito la stabilità monetaria.

Prima, ancora, è da chiedersi se effettivamente il livello indicato del 2 per cento oggi sia giusto o se, invece, non sia da riesaminare (per esempio, passando al 3 per cento) come molti esperti, fra cui pure qualche Premio Nobel, chiedono. Inoltre, dovrebbe essere approfondito, considerato il recente dissesto in cui sono cadute alcune banche americane, come il perseguimento della stabilità monetaria agisca su quella finanziaria, nonché i rapporti tra politica monetaria e Vigilanza sul sistema bancario e finanziario. In ogni caso, anche per il credito dovrebbero valere i principi di Ippocrate “Primum, non nocere”, “Secundum, lenire dolorem”. Una terapia che accentui enormemente il dosaggio, a maggior ragione se quest’ultimo non fosse appropriato, rischia di produrre metaforicamente i risultati dell’opera dei cerusi del ‘500 che continuavano ad eseguire salassi per una terapia che non dava frutti fino al punto che il paziente moriva per dissanguamento.

La Bce ha sbagliato gravemente nel non agire per tempo contro le aspettative di inflazione, ritenendo che quest’ultima fosse passeggera, contro ogni evidenza. Rischia del pari di sbagliare ora in modo altrettanto grave persistendo in una stretta, mentre si è aperto confusamente il dibattito sull’avvenuto raggiungimento o no del “picco” dei tassi di interesse di riferimento. Tutto è, però, rinviato, ancora, alla riunione del Consiglio direttivo dell’Istituto del 26 ottobre. Intanto, come conseguenza della situazione economico-finanziaria, si manifesta, con riferimento all’Italia, questo quadro: da una parte, si profila un aumento dei crediti deteriorati delle banche e delle probabili inadempienze con la crescita dei prestiti scaduti e, come segnalato dal Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, degli stessi sconfinamenti sulle aperture di credito concesse; dall’altra si aggrava l’onere sulle famiglie per il rimborso dei mutui, in particolare di quelli a tasso variabile. Le misure individuate dalle banche per attutire gli impatti dell’aumento del costo del denaro non possono essere risolutive ovviamente: concorre la garanzia pubblica entro determinati limiti. Si richiede, comunque, la più estesa informativa, nella fase di avvio della relazione, al cliente sui “pro” e sui “contra” dei mutui a tasso variabile, sulla loro dipendenza dalle politiche monetarie e, dunque, sulla difficoltà delle previsioni. Quanto ai criteri del calcolo degli spread relativi a tali prestiti, una riflessione generale, anche in sede europea, sarebbe opportuna, forse necessaria. Anche la tassa sugli extra profitti delle banche ha creato un forte dibattito che ha portato a una successiva revisione. Su tutto, però, domina l’esigenza di un raccordo tra politica monetaria e politica economica a livello europeo e nazionale in funzione di un’azione anti-inflazione che non danneggi irrimediabilmente la crescita. Poi la palla passa alle banche perché si accentui la concorrenza, si diversifichino le forme e la tutela del risparmio, si stabiliscano relazioni specifiche per categorie che, per esempio fasce di anziani, hanno bisogno di colloquiare allo sportello e non con contatti “on line”. Ma anche queste necessarie innovazioni non possono di certo prescindere dalla politica economica del Governo ora impegnato nella progettazione della manovra di bilancio sotto l’incombere di macigni quali la riforma del Patto di stabilità, la suddetta politica monetaria e il debito pubblico. Deriva da ciò la questione degli spread Btp-Bund e dei previsti rating delle principali agenzie. Certezze nella manovra e l’impulso alla crescita sono fondamentali anche per la tutela del risparmio e per l’erogazione del credito. Se vi è una sfida per i banchieri, a cominciare da quello centrale che dovrebbe affrontare una vera “metanoia”, non meno importante è la sfida per il Governo e per l’Unione.

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