Frosinone calcio, il "modello Stirpe" nel nome del padre: in serie A con uno stdio di proprietà e un bilancio rigoroso

Le chiavi del successo del modello Stirpe

Frosinone calcio, il "modello Stirpe" nel nome del padre: in serie A con uno stdio di proprietà e un bilancio rigoroso
di Ernesto Menicucci
Mercoledì 7 Giugno 2023, 10:32 - Ultimo agg. 8 Giugno, 07:52
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Venti anni di presidenza da festeggiare il prossimo 16 giugno, tre promozioni in serie A (l’ultima conquistata il primo maggio, battendo 3-1 la Reggina), ma soprattutto un modello: calcistico, imprenditoriale, sociale.

Dietro la parabola del Frosinone Calcio non c’è solo il successo di mister Fabio Grosso – l’uomo del rigore decisivo nella notte di Berlino, per l’Italia campione del mondo 2006 – ma, prima di ogni altra cosa, il successo del suo presidente, Maurizio Stirpe, 64 anni, imprenditore, vicepresidente di Confindustria con due delle deleghe più delicate e prestigiose (il lavoro e le relazioni industriali), dal 2003, appunto, proprietario e presidente del Frosinone Calcio. Una storia fatta di amore, passione, legami familiari. Una storia nel nome del padre, Benito, che a sua volta fu proprietario della squadra a metà degli anni ‘60, e che lasciò a Maurizio la piccola aziende di famiglia, la Prima, che poi il figlio ha trasformato nella Prima Sole Components Spa, gruppo industriale operante nella progettazione e produzione di componenti in plastica per l’industria dei mezzi di trasporto e degli elettrodomestici.

IL VALORE AGGIUNTO

 Un colosso ormai da 4.500 dipendenti, 18 stabilimenti produttivi tra Italia, Germania, Polonia, Slovacchia e Brasile, con il 60% di internazionalizzazione, che ha come clienti i principali costruttori di autoveicoli, veicoli commerciali e industriali, mezzi per l’agricoltura, elettrodomestici, in Europa e in America Latina. Un leader del settore, insomma. La radici, però, sono saldamente in Ciociaria, a Torrice, dove nacque Benito Stirpe, a cui oggi è dedicato lo stadio, un gioiellino “all’olandese”, da 16mila spettatori, uno dei perni del “modello Frosinone”. Già perché il club è uno dei pochi a poter contare su un impianto di proprietà: in Italia ce l’ha la Juventus, che come il Frosinone l’ha costruito ex novo, poi l’Udinese e il Sassuolo che hanno ristrutturato stadi già esistenti. Ed è lì, al Benito Stirpe, che si costruiscono i successi. Lo dice anche Guido Angelozzi, ex calciatore tra Catania, Giulianova, Barletta, a cavallo tra i 70 e gli 80, poi dirigente sopraffino, capace di creare calcio ovunque (Lecce, Sassuolo, Spezia), ora capo dell’area tecnico-operativa del Frosinone. «Avere un nostro stadio – dice – è un plus anche per la squadra. Clima, atmosfera, possibilità di programmare. E anche l’impatto che fanno le nostre strutture sui calciatori che pensiamo di acquistare». Lo stadio è arrivato nel 2017, investimento complessivo da 15 milioni di euro per dire addio al mitico “Matusa”. Poco prima, tra il 2015 e il 2016, i lavori alla Cittadella dello Sport di Ferentino, comunale ma in usufrutto al Frosinone. E da gennaio, l’acquisizione per Stirpe (con altri soci) delle Terme di Fiuggi, centro benessere con impianti annessi che ospiterà anche i ritiri di squadre internazionali.

IL PROGETTO

Un altro pezzo del “modello” Frosinone, esemplificabile in due concetti cardine: investimenti e sostenibilità.

Spiega sempre Angelozzi: «Stirpe mi ha chiamato due anni fa per cambiare un po’ il modo di lavorare. Dal puntare su giocatori già affermati, voleva un progetto basato appunto sulla sostenibilità, sulla scoperta e la valorizzazione di giovani talenti, sulla programmazione». E così è stato. Angelozzi, col suo team di osservatori (cinque, che battono principalmente, oltre all’Italia, i mercati olandesi, belgi, francesi, ungheresi), si è messo al lavoro e i risultati si vedono: Anthony Oyono, difensore gabonese, venne pescato nella serie C francese; Daniel Boloca, centrocampista della nazionale rumena, è stato “pizzicato” al Fossano, nel cuneese; Luca Mazzitelli, cresciuto nelle giovanili della Roma, è in prestito dal Monza. Sono solo le ultime di una lunga serie di scoperte fatte da Angelozzi: Vucinic al Lecce, il capitano della Roma Lorenzo Pellegrini al Sassuolo, Federico Gatti, oggi difensore della Juventus e della Nazionale, trovato nella Pro Patria. Non è solo un fatto tecnico. Come ha spiegato Stirpe più volte, valorizzare un giocatore e magari rivenderlo, è come avere un socio in più nel club. Il tutto stando attenti ai bilanci, creando un volano di indotto che giova a tutto il territorio e mantenendo fede a un principio: la società definisce il perimetro delle risorse, la parte tecnica fa il resto. Divisione dei compiti, zero ingerenze. Stirpe non è il tipo di presidente che fa la formazione. Per quella c’è Grosso, campione del mondo. Qualcosa vorrà dire.

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