A Napolil una lettera da Caprera firmata da Garibaldi

In casa Matacena si conferma la missiva spedita nel 1878

A Napolil una lettera da Caprera firmata da Garibaldi
di Giovanni Chianelli
Venerdì 26 Gennaio 2024, 11:31
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Una lettera breve ma densa di riferimenti storici quanto di errori grammaticali. La data è 25 marzo 1878, il luogo da cui viene spedita è Caprera e la firma recita «G. Garibaldi». Spunta da una casa privata napoletana una missiva dell'eroe dei due mondi indirizzata a Quinto Cenni, pittore specializzato in dipinti bellici. Questi era cugino di uno dei Mille, Guglielmo Cenni. «Guglielmo era fratello di un mio trisavolo», racconta Bruno Matacena, studioso e appassionato di storia: «La lettera si conserva in famiglia da generazioni. Da piccolo mi faceva un grande effetto vedere la firma di Garibaldi, da oltre trent'anni la conservo come una reliquia».

Il contenuto è quasi tutto leggibile, salvo un passaggio in cui la carta è bucata, nascondendo un paio di parole. «Caro Cenni, mi è impossibile per motivo di salute di sodisfare il vostro desiderio.

Dipingere un combatimento con esateza non è fatibile; ed io ch'ebbi la fortuna d'assistere a vari non me ne sentirei capace anche se fossi pittore» è l'incipit. Il riferimento è alla richiesta di Cenni di ricevere informazioni su alcune battaglie storiche condotte da Garibaldi per ritrarle. E subito si legge di quali battaglie si parla: «Il combatimento con Brown ebbe luogo nel fiume Paranà in un sito chiamato Costa Brava tra sette bastimenti nemici e d miei»: il foglio riporta una piccola lacerazione e non si capisce se c'è scritto «due» o «dieci».

L'eroe dei due mondi sta parlando di un episodio del 1842, quando si trovava in Uruguay durante una guerra civile, arruolato coi gradi di colonnello dalla marina nello schieramento dei Colorados uruguaiani, alleati con gli unitari argentini che affrontavano i Blancos dell'ex presidente Manuel Oribe, a loro volta alleati con i federalisti argentini di Juan Manuel de Rosas che infatti viene citato nel passaggio successivo: «A Sant'Antonio combattemmo contro l'esercito di Rosas e non contro i brasiliani».

Gli era stata affidata una missione: una volta partito da Montevideo via mare doveva penetrare nel fiume Paraná fino a Bajada e poi portare il bottino preso da alcune navi. La storia dice che le imbarcazioni a disposizione di Garibaldi erano, a differenza di quanto scrive, tre: la Constitución, il brigantino Pereyra e la goletta mercantile Procida. Ma la Constitución si arenò e fu soccorsa dalla Procida mentre sopraggiungeva la flotta argentina agli ordini dell'ammiraglio William Brown; fu grazie alla nebbia che Garibaldi riuscì a fuggire nonostante il tentativo di inseguimento di Brown.

«La legione Italia di Montevideo portò sempre la camicia rossa», continua Garibaldi, citando la camicia che avrebbero indossato i Mille 18 anni dopo. E, poi «Il combatimento di Mentana da voi dipinto non va male». Parla della battaglia del 1867, quando le truppe pontificie si scontrarono con reparti di volontari garibaldini che intendevano annettere Roma e lo stato pontificio al neonato regno d'Italia, cosa che che avvenne tre anni dopo.
«Cenni fu con Garibaldi a Napoli durante quella che si chiamò la sua "dittatura". Il generale lo incaricò di vigilare su palazzo reale perché nulla fosse rubato. Dipinse numerose battaglie di Garibaldi anche in America Latina e la lettera si riferisce ad un quadro realizzato per la battaglia di Montevideo», racconta Matacena. La lettera si conclude così: «Il ritrato mi chiedete non lo tengo; e mi duole non potervi dare altri raguagli per ora. Vostro G. Garibaldi».
«Garibaldi era un genio militare e un politico visionario, ma era stato poco fra i banchi di scuola ed è risaputo che quando scriveva faceva un sacco di errori», ricorda Matacena.

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