Marcello Veneziani e Giambattista Vico, vita (e morte) tormentata di un grande pensatore

Marcello Veneziani ricostruisce la vita del filosofo napoletano in Vico dei miracoli

Giambattista Vico
Giambattista Vico
di Ugo Cundari
Mercoledì 6 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 14:29
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Non raggiunse i tre funerali come Totò ma comunque ne ebbe due Giambattista Vico. Il primo, il 23 gennaio del 1744. La bara del filosofo, calata dalla finestra perché non passava per le scale, arrivò nel cortile della sua abitazione ai gradoni Santi Apostoli a San Giovanni a Carbonara. Lì doveva essere sollevata dai suoi amici e colleghi che si divisero in due fazioni. Una era formata dai docenti dell'università, l'altra dai confratelli della congregazione di Santa Sofia. Gli uni non volevano gli altri, il conflitto non si risolse e così prima i professori e poi i confratelli andarono via «e la salma di Vico restò sola, abbandonata. Quella bara nel deserto fu per un momento la rappresentazione tragica della solitudine di Vico anche da morto. Poi fu riportata in casa, come non succede mai: il morto che torna a casa sua. 'O tavuto rincasato, che impressione... Corsi e ricorsi, sussurrò il figlio Gennaro, pensando con lugubre sarcasmo alla teoria paterna».

Il giorno dopo il corpo di Vico partì per la chiesa dei Girolamini portato dai volontari chiamati da Gennaro. Fu seppellito senza nessuna iscrizione sulla lapide. Il primo necrologio pubblico uscì un anno dopo. «Eppure era morto il più grande dei napoletani, se non il più grande pensatore di quel tempo. Rimosso, denegato fino alla fine e oltre. Una mente eroica, incompresa dai suoi contemporanei, fraintesa da tanti suoi posteri» scrive Marcello Veneziani in Vico dei miracoli (Rizzoli, pagine 242, euro 20), ricostruzione della vita del filosofo napoletano raccontata con stile divulgativo, infarcita di aneddoti ed espressioni in dialetto.

L'autore restituisce la figura di un uomo e la profondità di un pensiero come quello vichiano che in Scienza nuova anticipò i più grandi filosofi dei secoli successivi, da Montesquieu a Kant a Nietzsche a Heidegger.

La vita di Vico fu disperata, difficile, dura, tormentata. Figlio di librario, iniziò a lavorare con il padre e per prendere un volume posto in alto sugli scaffali cadde. I medici diagnosticarono che sarebbe morto presto o sarebbe rimasto «stolido», da qui il nomignolo di «tisicuzzus» per la salute cagionevole. Visse in ristrettezze con la moglie analfabeta e otto figli, di cui una inferma e uno dedito a furti e truffe che sposò una prostituta figlia di prostituta. Aveva difficoltà a concentrarsi tra «gli strepiti domestici».

Avvocato delle cause perse, malato di scorbuto, di indole malinconica, Vico fu bocciato ai concorsi di segretario amministrativo e di docente di Diritto Civile. Vinse quello per insegnare Retorica perché era una disciplina considerata minore. La paga era molto bassa, i contratti scadevano ogni quattro anni e dovevano essere rinnovati. Guadagnava di più come ghostwriter di iscrizioni funebri, poesie nuziali, celebrazione di anniversari, orazioni, elogi di figure eminenti. Dopo aver scritto La scienza nuova nel 1725 si impegnò a pubblicarla, ben consapevole di dover pagare e non avere i soldi. Chiese aiuto a un cardinale, che prima gli disse sì e poi venne meno. Tentò una colletta ma le adesioni furono poche. Alle strette, si rivolse a un usuraio consegnandogli la cosa più preziosa che possedeva, l'anello di famiglia con diamante. Con la cifra che ne ricavò, il primo stampatore gli impose grossi tagli per rientrare delle spese.

Insieme agli aspetti più intimi e personali, Veneziani restituisce il nocciolo della filosofia di Vico, «fondatore moderno del pensiero metafisico e mediterraneo che vede la storia e i suoi tornanti in un cammino a spirale». Sintetizzando un pensiero complesso e articolato, che si nutre di storia e fantasia, secondo Veneziani l'essere umano vichiano è abitato da «un'infanzia perenne, fonte di stupore e di energia, che volge l'ignoranza in conoscenza e il conoscere in agire», dalla «vecchiaia solenne dei millenni andati che col passar del tempo ringiovanisce il mondo anziché invecchiarlo», dalla «fantasia creatrice che ci fa volare oltre il vero e il fatto, tramite la poesia», infine dal «lume dell'eterno che governa il mondo tramite la Provvidenza, che accende in noi il ben dell'intelletto». 

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