«Romina, violentata e fatta a pezzi: ​dopo 13 anni nessun colpevole»

«Romina, violentata e fatta a pezzi: dopo 13 anni nessun colpevole»
di Marilù Musto
Martedì 19 Settembre 2017, 09:00 - Ultimo agg. 09:14
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Cala il buio su Romina. Dopo 13 anni di indagini, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere archivia il caso di Romina Del Gaudio. Chi ha ucciso la promoter della Wind residente ai Camaldoli resterà senza un volto e ora se la riderà per essere sfuggito alla giustizia. È rimasto nell’ombra di fronte alla rabbia della madre di Romina, Grazia Gallo, morta nel 2014 senza conoscere la verità sulla fine dell’unica figlia.
Mai un passo falso, mai un lampo di luce. È rimasto a guardare le forze dell’ordine che arrancavano per approdare alla fine della storia.
Si poteva fare di più. Sin dall’inizio. Oggi, si chiude un capitolo della storia investigativa più oscura degli ultimi venti anni; una storia partita da Aversa e finita in Germania, dove il padre di Romina si era trasferito e aveva testimoniato in un processo. E dove la scomparsa di Romina si era annodata alla ricerca di un movente. Gli imputati accusati dal padre volevano sequestrare Romina per far ritrattare l’uomo? Persino questo si è ipotizzato.
Inutilmente. 
Romina Del Gaudio aveva solo 19 anni quando sparì nel nulla. Capelli castani, occhi grandi, viso perfetto che nascondeva un dolore: l’allontanamento del padre quando lei aveva solo quattro anni. La madre fu l’unico conforto di un’infanzia protetta. Romina, tuttavia, era felice. Fino a quando il destino decise di farle pagare quella felicità.
Era il 4 giugno del 2004. Entrò alle ore 12, circa, in un negozio di via Roma ad Aversa per promuovere il nuovo abbonamento della Wind. L’ultimo a vederla in vita fu il negoziante. Poi, il nulla. I suoi resti furono ritrovati nel bosco di Carditello 45 giorni dopo la scomparsa. Era ridotto in pezzi, a pochi chilometri dalla Reggia nel comune di San Tammaro.
Il 21 luglio del 2004 un agricoltore scoprì il mucchio di ossa mangiucchiate dagli animali e telefonò al 112. Romina era stata violentata e uccisa con due colpi di pistola alla testa e alla gola e una coltellata alle spalle. I proiettili erano stati sparati da una calibro 22.
Tre i pubblici ministeri della Procura di Santa Maria Capua Vetere che si sono occupati del caso e che hanno chiesto l’archiviazione. Ma per quattro volte l’ufficio gip ha rispedito al mittente la richiesta indicando nuove indagini. Anche stavolta, il capo dei gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ora presidente del palazzo, Gabriella Casella, aveva compilato una lunga lista di nuove piste.
No, la presidente Casella proprio non voleva archiviare il caso. Si doveva scavare ancora. Dopo 13 anni. Ha imposto ai Ris di Roma di tornare in laboratorio ed eseguire nuove analisi sugli abiti di Romina trovati nel boschetto. Ha trasferito il fascicolo dai carabinieri di Aversa a quelli di Caserta e ha voluto leggere le dichiarazioni di Riccardo Di Grazia, ex affiliato al clan dei Casalesi, e di un altro fedelissimo, Vincenzo D’Aniello, che tiravano in ballo un uomo: Ferdinando Schiavo. D’Aniello, il 19 novembre del 2013, aveva spiegato: «Il pomeriggio del delitto Schiavo era in auto e mi disse di portarla a lavare: aveva gli pneumatici pieni di fango. Più volte si è preoccupato della pulizia del lato passeggero, soffermandosi sul tappetino e sotto la poltrona».
Di Grazia era stato più vago, ma de relato aveva raccontato di una frequentazione di Schiavo con Romina Del Gaudio. «Dopo il ritrovamento del cadavere, Giovanni Fondino avrebbe commentato l’episodio dicendogli: “Hanno trovato morta la ragazza che usciva con quel fulminato di Ferdinando”». Pista senza sbocchi pure questa. Nelle 40 pagine del provvedimento di archiviazione firmato dalla Casella si spiega che non ci sono riscontri alle dichiarazioni. Prima ancora erano finiti inscritti nel registro Luciano Agnino, Fabio Fiore, Carlo Porceddu e Alessandro Palumbo. Tutti liberati dall’indagine. L’ultima spiaggia è una confessione, un atto che potrebbe umanizzare l’assassino. Mentre la storia di Romina Del Gaudio finisce nell’ombra. Ancora una volta.  
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