Attivista gay ucciso e fatto a pezzi:
doppio test Dna sui resti di Vincenzo

Attivista gay ucciso e fatto a pezzi: doppio test Dna sui resti di Vincenzo
di Marilù Musto
Martedì 10 Aprile 2018, 10:57
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Il suo cadavere è un numero, 04, scritto su un cartellino rettangolare legato al piede destro. La cella-frigo fa in modo che il corpo resti intatto. Accanto, gli altri cadaveri in attesa di «riscontro diagnostico non immediatamente eseguibile»: i numeri «zero», quelli che nessuno reclama e restano senza sepoltura per anni. Ma il numero 04 un nome ce l'ha: è il cadavere di Vincenzo Ruggiero, ucciso, fatto a pezzi con una sega dall'ex marinaio Ciro Guarente e murato in un garage di Ponticelli, a Napoli. Per lui, per Vincenzo, non c'è stato ancora un funerale, a nove mesi dalla sua uccisione.

La Procura di Napoli nord, qualche giorno fa, ha ordinato una seconda perizia del Dna sui resti del ragazzo di 24 anni, attivista gay di Parete. Pezzi di tessuto e ossa anche piccolissimi. Dopo un primo lunghissimo esame che ha poi certificato ciò che sembrava già scontato nella fase del riconoscimento - l'appartenenza a Vincenzo del primo blocco di resti - i magistrati coordinati dal capo Francesco Greco hanno ritenuto opportuno ricomporre la salma.

La madre di Vincenzo, Maria Esposito, ha chiesto il corpo per intero di suo figlio. È possibile che nelle operazioni di recupero dei carabinieri e della polizia scientifica, nell'agosto del 2017, qualche osso sia stato staccato. Ciro Guarente aveva pensato a tutto: persino alla malta (una miscela) per legare la calce e fare in modo che nel ripostiglio scelto come tomba non ci fossero tracce umane. È probabile che l'ex militare della Marina, nella ricerca affannosa di coprire al meglio il corpo, abbia decapitato con un flex il cadavere di Vincenzo, spargendo i brandelli nel cemento ancora morbido. Il lavoro degli inquirenti e dei medici legali, adesso, sarà quello di ricomporre il teschio. I pezzi si trovano nei sacchi ancora sequestrati nel reparto dell'ospedale di Napoli.
 
Intanto, l'assassino reo confesso è stato trasferito nel carcere di Matera dopo che il Dipartimento di amministrazione penitenziaria di Roma ha riscontrato l'inopportunità di lasciare il detenuto a Poggioreale, nello stessa casa circondariale dove è rinchiuso il padre di Vincenzo Ruggiero. La madre di Vincenzo, da mesi, non riesce a darsi pace: «L'assassino di mio figlio è un mostro», ha scritto il un suo lungo post sul social Facebook, ieri, Maria Esposito: «Una cosa spero con tutta me stessa: che quel mostro non abbia mai un momento di serenità e che soffra per tutto ciò che ha causato a me e alla mia famiglia. Mi ha distrutto l'esistenza, io vado avanti, ma con un vuoto dentro, niente e più come prima». «Spero che i giudici lo condannino alla galera a vita», ha concluso. In effetti, l'inchiesta è ancora aperta e per la chiusura c'è bisogno della restituzione alla famiglia della salma.

L'assassino, Ciro Guarente, 36 anni compiuti poco fa, venne incastrato da un video in cui si scorge mentre trascina una pesante valigia che all'interno conteneva il cadavere di Vincenzo. Non è mai comparsa nel registro degli indagati, invece, Heven Grimaldi, la trans al centro delle liti fra Ciro Guarente e Vincenzo. Quest'ultimo era finito a casa di Heven, ad Aversa, dopo una lite con la sua famiglia. Ma Heven, ragazzo polacco poi divenuto transessuale, era legata a Ciro. La gelosia di Ciro era esasperata. Per questo decise di uccidere Vincenzo, giovane e bello, attivista Lgbt ed eletto Mister Gay due anni prima. «Ma due anni fa Ciro Guarente mi confessò di voler uccidere la sua fidanzata Heven. Mi chiese se conoscessi qualcuno al quale commissionare il delitto. Io gli dissi che occorrevano 40mila euro, ma lui non accettò perché era un importo che non poteva sostenere». A riferirlo fu Francesco De Turris, complice di Guarente nell'assassinio di Vincenzo. Francesco De Turris è un uomo con un curriculum criminale di tutto rispetto a Ponticelli. Anche lui ora è accusato di aver preso parte all'omicidio.
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