Clan e cemento a Trentola Ducenta,
confisca di 12 milioni alla famiglia Balivo

Confisca a Trentola Ducenta
Confisca a Trentola Ducenta
Marilu Mustodi Marilù Musto
Domenica 23 Ottobre 2022, 19:14 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 09:30
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La vincita al Superenalotto di 900 mila euro è l’unica quota rimasta fuori dalla confisca. I giudici l’hanno restituita alla famiglia Balivo: le giocate erano state fatte con le date di nascita di tutti i parenti. Se la fortuna li aveva baciati, la giustizia terrena non poteva metterci lo zampino. Per il resto, il «tesoro» di beni immobili e conti bancari - compreso l’intero complesso di palazzine di via Romaniello a Trentola Ducenta e una casa a Fiuggi - riconducibile ai fratelli Silvestro e Gaetano Balivo, da ieri è nelle mani della magistratura. Un fortino fatto di colate di cemento intestato però a mogli, figli e nipoti. Ci sono voluti tre anni (dal 2015 al 2018) per la squadra mobile di Caserta per mettere in fila tutti i tasselli. Poi, in un colpo solo, 12 milioni di euro ieri sono stati confiscati ai Balivo con una sentenza di 90 pagine scritta dai giudici Massimo Urbano, Marinella Graziano e Francesco Balato (giudice estensore), il trio togato che compone il collegio delle Misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. 

I riflettori sulla famiglia di imprenditori di Trentola Ducenta erano stati accesi con la maxi-indagine sulla nascita del centro commerciale Jambo 1, sugli espropri forzati a discapito dei contadini dell’intera zona, sull’interesse del pentito Dario De Simone, per la magistratura una sorta di «socio occulto», prima del pentimento, del centro commerciale. Ben presto, però, la ricerca aveva preso una piega diversa, slegata dal Jambo 1. Il punto di forza per arrivare alla confisca sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, da Antonio Iovine «o’ninno», ex capo del clan dei Casalesi, a Massimiliano Caterino, semplice gregario, fino a Salvatore Laiso «chicchinoss», ex killer spietato alla corte degli Schiavone.

Tutti, o quasi, avevano spiegato che «quando Gaetano Balivo chiedeva di innalzare palazzine era come se lo chiedesse Zagaria». Nella sentenza c’è anche un riferimento alla politica con l’ipotesi di speculazioni in via Bovaro per «appartamenti per Michele Griffo», si legge. Ipotesi al vaglio del processo Jambo. Di fatto, gli affiliati di camorra con alcuni amministratori - era emerso nelle indagini - si incontravano davanti al bar «Sherlock Holmes, proprio nelle abitazioni di Balivo», aveva raccontato il pentito Salvatore Laiso detto «chicchinos». 

A Gaetano e Silvestro Balivo sono, dunque, stati confiscati gli appartamenti in via Romaniello (in prossimità del centro Jambo1, ora sotto amministrazione giudiziaria), ma anche altri edifici in via Atellana ad Aversa, la casa a Fiuggi, in provincia di Frosinone, degli edifici in via Paolo Borsellino a Caserta e dei terreni a Caserta. Poi, anche un terreno a Sessa Aurunca. Si tratta di proprietà intestate non solo ai due fratelli, ma anche a Maria Rotonda Giordano, Rosa Catalano, Francesco Balivo e Salvatore Balivo (quest’ultimo di 39 anni). La vincita di circa 900mila euro con il Superenalotto è stata, invece, dissequestrata ai fratelli M. L. e M. Balivo. Somma reinvestita, poi, in strumenti finanziari in una banca a Napoli.

Il tribunale ha restituito anche a Vincenzo e Francesco Natale la quota del Roma srl pari al 12 per cento. Una insolita convergenza aveva portato i Balivo ad investire in alcuni edifici nel cuore di Caserta, nei pressi di via Roma grazie anche alla Roma srl, sembrerebbe. Non sono sfuggite alla magistratura anche alcune abitazioni in via IV Novembre sempre a Trentola Ducenta, confiscate pure loro. 

Per la verità, i giudici si sono trovati di fronte a un disordine mai visto prima: i fondi nelle varie banche riconducibili ai parenti erano un arcipelago impossibile da ricostruire. E così, i magistrati di Santa Maria Capua Vetere, nella sentenza hanno scritto: «I conti correnti, i depositi e i rapporti finanziari, vanno sottoposti a confisca giacché si tratta di strumenti bancari mediante i quali la ricchezza del nucleo familiare dei proposti si è accumulata con un meccanismo di intreccio e confusione delle risorse che non è possibili districare. Ne discende la confisca completa di ciascuno di tali beni». Una sorta di «assopigliatutto» che ha portato via dal banco 12 milioni e li ha messi a disposizione della magistratura. 

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