«La bimba non era indemoniata,
ma don Barone le tolse i farmaci»

«La bimba non era indemoniata, ma don Barone le tolse i farmaci»
di ​Mary Liguori
Mercoledì 10 Ottobre 2018, 08:00
3 Minuti di Lettura
Nel tragitto dal generale al particolare la forbice della conoscenza passa dalla certezza matematica all’assoluta ignoranza. L’esorcista di Aversa, Carlo Aversano, ieri è salito sul banco dei testimoni disertato dal suo vescovo, Angelo Spinillo, assente giustificato perché all’estero, e ha illustrato cosa fa e cosa non fa un prete che scaccia il diavolo dalle persone. Sul banco insieme a lui è finita la fede cristiana. Passaggio inevitabile: accettare il punto di vista della Chiesa rispetto alla fenomenologia demoniaca per discriminare ciò che la Chiesa stessa ammette per il trattamento delle persone affette da disturbi spirituali e ciò che invece non è contemplato nelle pratiche rituali. Aversano ha detto che certe pratiche violente, no, non fanno per niente parte del manuale dell’esorcista. «Schiaffi, sputi, spintoni, immersioni in vasche piene d’acqua? Pestoni sulla testa? Carezze in parti intime? Utilizzo di collari e diete specifiche?» Gli ha chiesto il pm Alessandro Di Vico. «No, assolutamente no, nulla di tutto questo». «Le risulta che i demoni fuoriscano dal corpo dei posseduti attraverso le orecchie?» lo ha incalzato la parte civile. «No» ha detto ancora il prete. «L’esorcista dorme nello stesso letto con l’indemoniata?, ancora il pm. «No», il prete. Insomma, a dire di Aversano, tutto ciò che Michele Barone avrebbe fatto non rientra nei riti canonici del sacramentale dell’esorcismo. Questo, va chiarito, Aversano lo ha detto in linea «generale» perché a ciascuna delle domande sulla specifica condotta di Barone, famoso fino in Irlanda, ma a quanto pare quasi sconosciuto ai confratelli della sua forania, quella di Casal di Principe, l’esorcista di Aversa ha risposto vagamente. 

«TUTTI SAPEVANO» 
Di inquietante, ancora una volta, emerge che della presunta vittima 13enne sapevano proprio tutti. Incluso l’esorcista interrogato ieri. Il vescovo Spinillo, il poliziotto Luigi Schettino: entrambi furono informati dalla sorella della vittima circa le condotte «violente» di Barone. Il prelato non è indagato, il commissario è alla sbarra. E, ha ammesso, Aversano, la sorella della vittima disse anche a lui che era preoccupata e che gli parlò di «omessa assunzione dei farmaci» disse che «don Michele non le faceva prendere i medicinali e mi chiese di intervenire». L’esorcista incontrò una sola volta la ragazzina, si unirono in preghiera. Lei gli graffiò il viso e gli ruppe gli occhiali, lo dicono alcuni testimoni. Aversano ha riferito di non ricordarlo. «Secondo me non era indemoniata», ha sentenziato. Ma tanti sono stati i «non so», i «non ricordo» rispetto alle domande mirate a scandagliare i lunghi anni in cui don Michele Barone avrebbe incontrato e liberato decine di indemoniati nella cappellina di Casapesenna. «Qualcuno ha mai ammonito i fedeli della forania dal frequentare la cappellina di Casapesenna?», gli hanno chiesto gli avvocati. «Non so, ancora adesso non so cosa accadeva lì dentro e cosa si poteva fare». 

LA LOTTA INTERNA
Nel corso delle indagini è emerso che una ragazzina inizialmente ritenuta indemoniata fu poi udita dai fedeli parlare con la voce della Madonna. In tanti hanno riferito del prodigio. La stessa ragazza, è emerso ieri, fu sottoposta a esorcismo anche da Aversano. «Poi lei e altre preferirono andare via, - ha ricordato Aversano - hanno scelto don Michele e io non potevo far nulla». Gli avvocati hanno parlato di «competizione tra preti» che avrebbe «compromesso la tutela delle presunte indemoniate-vittime». Suggestioni? Chissà. Si torna in aula a fine mese. Il processo a porte chiuse è entrato nel vivo. 
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA